Visualizzazione post con etichetta The National. Mostra tutti i post
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giovedì 21 marzo 2013

Trouble Will Find Me

Una rapida comparsa su questo blog - prima che ritorni l'ispirazione per qualcosa di impegnativo - per segnalare che quella qui a fianco è la copertina del nuovo album dei The National, che poco fa si è saputo chiamarsi Trouble Will Find Me: uscirà il 20 maggio prossimo in Inghilterra e il giorno dopo negli Stati Uniti. Produce la 4AD, anche se come sostiene un amico parlare di musica citando le case discografiche è il primo passo verso il nerdismo spinto. Ora comunque sarebbe bello sentire anche qualche nuovo pezzo, se mai Berninger e compagni ne avessero voglia.

venerdì 9 dicembre 2011

Recensioni e canzoni

Mercoledì è apparsa su Doppiozero la mia recensione di Midnight in Paris di Woody Allen, un film che, come avevo già scritto da Cannes, considero bello e decisamente in linea coi tempi. Per chi volesse leggerla, la trova qui. Nel frattempo, oggi su Pitchfork è comparso il link a due nuovi pezzi che i National hanno eseguito dal vivo: si chiamano Rylan e I Need My Girl e si possono ascoltare qui. Mentre un'altra rivista on line, PopMatters, ha pubblicato la lista di quelle che per la redazione sono le 75 canzoni migliori dell'anno, con tanto di link a streaming o video su YouTube: se la cosa può interessare, ci sono un sacco di pezzi che avrei messo anch'io (e che metterò nella lista che farò tra qualche giorno). Infine, oggi al cinema sono usciti almeno tre film interessanti: Monsters, Mosse vincenti (che era in concorso al TFF appena concluso) e The Artist. Dei primi due, pur senza entusiasmi, penso bene, del secondo penso parecchio male, soprattutto in funzione del lavoro sul tempo compiuto da Allen. Ma ne parlo un'altra volta.

sabato 29 ottobre 2011

Se una band suona e gli riesce sempre bene

Due giorni fa i National se ne sono usciti con una nuova canzone. O meglio una cover, questa, che si chiama Twenty Miles to NH - Part 2 e viene dall'album If a Band Plays in the Woods...? dei The Philistines Jr., gruppo a me oscuro fino a questo momento. La canzone non è male, anzi, a me sembra che in questo periodo tutto ciò che i National tocchino diventi oro, ed è interessante perché rende evidente quanto la loro musica strida con l'indie più contemporaneo, solitamente virato verso il pop e verso ritmi sincopati alla Talking Heads, e al tempo stesso riesca ad appropriarsene. Il pezzo fa poi parte di un progetto più ampio ideato dagli stessi Philistines: risuonare per intero If a Band Plays in the Woods...? (che come album non è affatto male), rinominarlo al plurale, If a Lot of Bands Play in the Woods, e chiamare, oltre ai National e altra nomi che non conosco, gente come Jónsi e Alex, Mercury Rave, Tokyo Police Club e Doveman a firmare le cover: evidentemente c'è chi se lo può permettere. Il tutto dovrebbe uscire l'1 novembre

sabato 2 luglio 2011

You must be somewhere in Berlin...

Lo scorso 23 giugno è morto Peter Falk: tutti ne hanno parlato, i giornali si sono riempiti di coccodrilli e di gallerie fotografiche, ogni mio amico su Facebook ha scritto sulla bacheca qualcosa del tipo "ciao Colombo" o "addio Peter". Io non ho postato nulla sull'argomento, un po' perché me ne sono dimenticato e un po' perché Il tenente Colombo non l'ho mai guardato e allora va bene dire che è un'icona e un modello di fascino sornione, ma non saprei nemmeno raccontare una mezza trama di episodio. Al tempo stesso, però, non è che non fossi affezionato a Peter Falk, a lui e a tutto il giro di amici di Cassavetes che negli anni '70 giravano film come andare in gita scolastica e se ne uscivano con roba come Mariti, Una moglie o Il grande imbroglio, che era un film venuto malissimo ma con un paio di scene comicissime. E poi, certo, Peter Falk era l'angelo caduto di Wenders, che nel Cielo sopra Berlino se ne stava al bancone del porcaro vicino al muro e con quell'aria ironica e stanca spendeva oziando il suo tempo sulla terra. Non ci ho pensato, a Wenders e agli angeli, quando ho saputo della morte di Peter Falk. Ma ieri sera, tornando a casa in macchina, ascoltavo questa canzone e a un certo punto, nonostante fossi tipo al milionesimo ascolto, ne ho finalmente capito il senso. Perché quando Berninger attacca a dire "afraid of the heights / stay tonight with the sinners / 'cos we are desperate to entertain", mi sono venuti in mente proprio gli angeli di Wenders e la loro stanchezza nello stare dietro alle persone, sempre lì a fare i protettori e i dispensatori di tranquillità. Ho pensato alla faccia di Peter Falk, a quanto, in fondo, ammettesse la propria stanchezza da sempre, il distacco un po' burbero e un po' legittimo dagli affari del mondo. Per cui, insomma, credo che lo stesso Falk da tanto tempo fosse stanco del tenente Colombo, stanco di intrattenerci, e di guardarci con quel modo da sotto gli occhi, e che ora se ne sia finalmente liberato. Per cui, insomma, starà sicuramente meglio adesso che non c'è più e che magari l'Alzheimer gli avrà dato pace, lì, da qualche parte a Berlino dove una volta c'era il muro...

sabato 11 giugno 2011

Il flop dell'Heineken

Oggi su Repubblica è apparso un articolo di Carlo Moretti in cui si legge che l'Heineken Jammin Festival è stato un flop. 50 mila spettatori contro i 100 degli anni passati, a dispetto di una copertura pubblicitaria corposa e, come ho scritto qualche giorno fa, di un programma in bilico tra pattume pop nostrano (esclusi i Verdena) e inedite aperture indie. Evidentemente non ha funzionato. E le cause sono parecchie, credo la più importante delle quali il fatto che non si possa puntare per anni su un pubblico di pantofolai del rock e poi all'improvviso sperare che i birromani con polsini e fascia in testa accorrano per i Coldplay o, figuriamoci, per gli Interpol e gli Elbow. I problemi sono di carattere logistico e burocratico, ma pure, come dicono alcuni agenti musicali intervistati nell'articolari, di educazione del pubblico italiano, che sarebbe troppo fighetto per accettare le sfacchinate, il rischio pioggia, le notti insonni, la stanchezza da adrenalina...: vale a dire tutto ciò che rende indimenticabile l'esperienza di un festival. A mio onesto parere, però, il problema sta nella promozione della musica veramente contemporanea, quella che in questi anni è stata promossa da riviste e giornalisti seri (mica Rolling Stone, che si è accorta degli Arcade Fire solo ora), quell'indie pop che a Londra, New York, Los Angeles, Berlino, Barcellona, Stoccolma, Sydney è offerto quotidianamente da club, palazzetti ed arene e che qui da noi è conosciuti solo dagli appassionati e visto dal vivo solo dai fortunati che abitano vicino a Milano, Roma e talvolta Torino. Basta buttare un occhio al tour di uno qualsiasi tra i gruppi indie oggi sulla breccia (fatelo coi Bon Iver, tanto per restare a post recenti) per accorgersi che le tappe italiane o non ci sono o sono ridotte all'osso, laddove non dico quelle inglesi - che vabbe', lì il rock l'hanno inventato per cui figuriamoci - ma pure quelle tedesche, austriache e spagnole sono parecchie.

lunedì 6 giugno 2011

East Harlem, Beirut

In attesa dell'uscita a fine mese del nuovo abum (la cui copertina sarà questa cosa qui a fianco) e soprattutto in attesa del concerto che terranno a Ferrara il 5 luglio prossimo, prima dei National e forse per qualche canzone pure insieme, oggi è arrivata in streaming la prima traccia inedita dei Beirut, il gruppo ethno folk capitanato dal californiano Zachary Francis Condon, che in pratica è una one man band che ogni tanto chiama diverse persone a suonare insieme, con strani ma riusciti riferimenti al'indie melodico alla musica balcanica e zingara. La canzone del nuovo album per ora senza titolo si chiama East Harlem e la si può ascoltare qui: è carina, non cambia di un millimetro lo stile dei Beirut - tutto trombe e estasi da anthem rock - e in fondo va bene così.

venerdì 29 aprile 2011

New York

Con una canzone dei National avevo scritto l'ultimo post di questo blog, prima di partire per New York. Ora che sono tornato ne metto un'altra, questa, che di quella città dice l'unica cosa che c'è da dire: now there's no leaving New York. Anche se poi, leggendo Libertà di Franzen, ho trovato tutto ciò che di inavvicinabile e precluso rappresenta per chi non ha la fortuna di viverci: "Certo", scrive la protagonista a proposito della sua famiglia newyorchese e odiosa, "New York era il posto dove tutti volevano stare. Quel fatto era la base della tracotanza della sua famiglia, la piattaforma da cui si poteva ridicolizzare tutto il resto, la garanzia di sofisticatezza adulta che procurava loro il diritto di comportarsi da bambini. [...] La sua famiglia si era appropriata di New York e non l'avrebbe mai ceduta" (Jonathan Franze, Liberta, p. 136). New York è così. So far.

mercoledì 20 aprile 2011

Exile Vilify

Dopo la pubblicazione qualche giorno fa di questa canzone, ieri i National hanno messo fuori un altro pezzo inedito: si chiama Exile Vilify, si può ascoltare in streaming qui e farà parte della colonna sonora di Portal 2, un videogame della Valve. E' molto bella e pure più ricercata di quella precedente, che a dire il vero, pur essendo così così, riusciva comunque a strapparti il cuore. Metto la canzone come saluto per i (pochi) lettori del blog, che per una decina di giorni se ne va in vacanza. Magari da dove sarò - che per inciso è a due passi da dove abitano i National - riuscirò a scrivere qualcosa. Vedrò. A presto.

mercoledì 23 marzo 2011

Think You Can Wait

Il film si chiama Win Win, lo interpreta Paul Giamatti, l'ha diretto Thomas McCarthy, lo stesso di L'ospite inatteso, strano personaggio che da regista gira film indie e da attore partecipa a roba commerciale come 2012 o Vi presento i nostri, e lo scorso gennaio è stato presentato naturalmente al Sundance, essendo la classica storia indipendente di provincia in cui Giamatti fa l'adulto sfigato in perenne gilet. L'interesse per il film è dato dalla colonna sonora indie (come pure quella di un film simile come Jack Goes Boating di Philip Seymour Hoffman, con i Grizzly Bear ed Evan Lurie), che tra le altre include una nuova canzone dei National, che si chiama Think You Can Wait e che è il primo pezzo ufficiale dalla pubblicazione un anno fa di High Violet. Non è un gran pezzo, e molto probabilmente è una delle cose scartate  dall'album e pure dalla successiva versione deluxe, ma si fa ascoltare: conferma che non ci si sbaglia mai a diffidare dei b-side o dei singoli a ridosso di un lavoro ufficiale, così come che una voce come quella di Berninger rende bella qualsiasi canzone passabile. E la copertina del singolo, che riprende il concept di High Violent, è notevole.

mercoledì 23 febbraio 2011

Big seasons

Questa mattina è finalmente uscita la notizia che aspettavo da quando si è saputo del tour europeo di Sufjan Stevens: il 24 maggio, al Teatro Comunale di Ferrara, nell'ambito della rassegna Ferrara Sotto Le Stelle (e le stelle evidentemente in teatro saranno sul soffitto), si terrà la sua unica e primissa data italiana. Un evento, insomma. Utile anche per capire quanto Sufjan sia conosciuto in Italia. A occhio, non avendolo mai ascoltato dal vivo e considerata la svolta rumoroso-elettronica, direi che è uno di quegli artisti più bravi in studio che su un palco, e soprattutto che è troppo psicotico, con quello sguardo sempre triste, da fare il trascinatore: ma le esibizioni del suo nuovo tour sono completamene folli e le canzoni di The Age of Adz troppo particolari per essere riprodotte freddamente. Sempre a Ferrara (e sempre grazie alla DNA concerti), quando sotto le stelle si starà per davvero, a luglio ci saranno altre due concerti imperdibili: il 5 i National + i Beirut (questi ultimi anche loro per la prima volta in Italia) e il 6 PJ Harvey, il cui Let England Shake, uscito da pochi giorni (prima o poi ne parlo), è bellissimo. Contando che negli stessi giorni anche gli Arcade Fire saranno in Italia (sempre il 5 luglio a Milano e il 9 a luglio: ma non potevano scegliere altre date?) e che a Torino si dice ci saranno i Pulp al Traffic, si prospettano una primavera e un'estate della madonna. Musicalmente parlando, intendo.

mercoledì 15 dicembre 2010

Tracklist 2010 - Parte III

Ultime canzoni tra le migliori dell'anno, qualcuna in più rispetto all'altro giorno. Se volete, qui, sul solito Pitchfork, si possono scorrere e in certi casi ascoltare quelle che per il sito musicale più famoso del mondo sono le migliori cento del 2010. In certi casi c'è proprio da indignarsi, in altri hanno ragione. Soprattutto, non capisco come si possa ritenere questa la canzone più bella dell'anno. Bah! Domani e venerdì escono i 50 migliori album e staremo a vedere.


Yann Tiersen, Fuck Me
Non voglio che Clara, Gli amori di gioventù
Baustelle, Le rane
The National, Bloddbuzz Ohio
Jonsi, Boy Lilikoi
Four Tet, Sing
Dirtmusic, Collisions
Girls Thee, Oh So Protective One
Anais Mitchell, Wedding Song
The New Pornographers, Valkyrie In The Roller Disco
Dark Dark Dark, Bright Bright Bright

Canzone a parte, per la follia e il coraggio e il cazzeggio e l'autobiografismo spudorato e l'inventiva e l'incontenibilità e tutto e il contrario di tutto:
Sufjan Stevens, Impossible Soul.

lunedì 13 dicembre 2010

Tracklist 2010

Visto che le classifiche non mi va di farle, e comprensibilmente a nessun frega delle mie preferenze, a partire da oggi farò una lista di alcune tra le canzoni più belle dell'anno, con appositi link dove ascoltarle. In ordine sparso, come mi vengono in mente e senza nulla di più, ché tanto l'ho già scritto mille volte chi sono i miei preferiti. Ecco le prime dieci.

Beach House, Zebra
Tunng, Don't Look Down or Back
The National, Runaway
Sufjan Stevens, The Age of Adz
Arcade Fire, We Used to Wait
MGMT, Siberian Breaks
LCD Soundsystem, All I Want
Peter Gabriel, The Boy in the Bubble
John Grant, I Wanna Go to Marz
Broken Social Scene, Meet in the Basement

Continua...

venerdì 10 dicembre 2010

Aggiornamenti ed eventi funesti

Un amico mi ha segnalato questa cosa qui, un live acustico dei National registrato per MTV durante il loro passaggio in Italia di qualche settimana fa. Sulla tv andrà in onda martedì alle 21 e poi in replica il giorno dopo e il sabato successivo, ma dal sito si può già vedere e ascoltare traccia per traccia: è molto bello, intimo e soffuso, con la voce di Berninger che emerge in tutto il suo calore. Insomma, a me questi qua continuano a piacere qualsiasi cosa facciano: ammetto che c'è della premeditazione, ma di fronte a certi livelli di perfezione c'è poco da dire. In questi giorni, poi, si possono già ascoltare tre tracce del nuovo album di Iron & Wine, di cui la prima, Walking Far from Home, è sicuramente la migliore, un pezzo non diverso da quelli che Samuel Beam scrive da sempre eppure non ripetitivo, essenziale e melodico. Infine, per tornare a quello che ho scritto due giorni fa, la piaga funesta delle classifiche di fine anno ha cominciato a propagarsi senza freni: oggi è uscita quelle dei film dell'anno del New Yorker, ieri quella dei dieci migliori dischi del sito Indie Rock e quella di Repubblica dei dieci brani più scaricati dell'anno su iTunes.

giovedì 18 novembre 2010

Soho Riots

L'altra sera, a Milano, per chi ancora non sapesse chi potrebbe prendere in mano il pop-rock di oggi come fecero gli U2 anni fa, e per fortuna ha scelto di non farlo e restare lo straordinario gruppo da Soho riots che è sempre stato.


Daughters of the Soho Riots

Sorrow
Abel
Anyone's Ghost
Bloodbuzz Ohio
Mr. November

venerdì 12 novembre 2010

The National + Pulp

Martedì prossimo, il 16 novembre, all'Alcatraz di Milano ci saranno i National: siccome per me è un evento pari alla discesa del messia, eguagliabile solamente da un ipotetico live di Sufjan Stevens, da una nuova tournée dei Radiohead o dal ritorno in Italia degli Arcade Fire - tutti eventi, comunque, che con buona probabilità potrebbero succedere nel 2011 - l'altro giorno ne ho scritto brevemente qui cercando di far trasparire l'amore fin eccessivo che provo per cinque adulti compassati e un po' fighetti che stanno, beati loro, nei posti più belli di Brookly. I National avrebbero davvero tutto per diventare famosi quanto un grande gruppo pop e francamente non so come la cosa non sia ancora successa: il recinto dove la stampa li confina ancora è quello dell'indie rock, ma non è detto che un giorno o l'altro riescano ad uscirne anche qui in Italia e magari una canzone stupenda come The Runaway diventare una sorta di One degli anni '10 del Duemila. A proposito di live, poi, è di qualche giorno fa la notizia che al prossimo Primavera Sound di Barcellona si riuniranno i Pulp, che non hanno certo bisogno di presentazioni e in alcuni momenti sono stati davvero vicini a essere famosi quasi quanto gli U2 (specie quando scrissero questa cosa qui, che a suo tempo guardavamo tutti su MTV).

domenica 31 ottobre 2010

Waterboys + The National

Un amico ascolta su mio consiglio Boxer dei National, gli piace un sacco, lo colpiscono soprattutto la voce e l'uso dei fiati e mi dice, sì, bello, molto bello, ma in un certo senso l'avevo già sentito, mi ha ricordato i Waterboys di Mike Scott, non quelli folk di Room to Roam, ma quelli precedenti, quelli dei primi album, di A Pagan Place, quelli di Church Not Made With Hands e della title track, A Pagan Place appunto. Allora sono andato a recuperare gli scozzesi Waterboys, che conoscevo per le canzoni folk e non per quelli rock-soul degli inizi, e in effetti, sì, in effetti qualcosa dei National c'è, così come anche degli U2 che sarebbero venuti, quelli in cui Bono avrebbe cominciato a cantare con voce rauca e meravigliosamente soul. Insomma, mi sono piaciuti e ora posto qui il video di A Pagan Place.

giovedì 21 ottobre 2010

Ossessioni più o meno vergognose

In attesa della versione deluxe di High Violet, ieri i National hanno pubblicato il secondo video tratto dall'album. Il primo era quello di Bloodbuz Ohio, un'autopresa per il culo del cantate Matt Berninger che scherzava sul ruolo di sex symbol affibbiatogli dalla stampa e da gran parte del pubblico femminile; ora arriva invece Terrible Love (in versione alternativa), che si apre ancora con Berninger che fa il coglione e poi fa vedere i dietro le quinte del tour estivo. Sempre a proposito dei musicisti che imperversano su questo blog, l'altra settimana a Moby Dick, bel programma musicale di Radio2 in onda dal lunedì al venerdì alle 21, è passata una lunga intervista a Sufjan Stevens, mentre sabato, incredibile a dirsi, c'era un box di The Age of Adz su Repubblica: lo scenario sta cambiando per il genio della musica contemporanea e se qualcuno non lo conoscesse o fosse interessato a sapere cosa ha da dire, oltre ad ascoltare l'album, potrebbe scaricarsi il podcast. Infine, segnalo con un po' di vergogna questo video pubblicato in maniera indecente da Pitchfork, in cui si vede Zooey Deschanel cantare God Bless America nell'intervallo di una partita dei playoff di baseball: è evidente che l'interesse sta unicamente nel fatto che lei è una di bellezza incredibile, dal momento che non trovo altre ragioni per cui uno dovrebbe sprecare 1 minuto e 45 secondi del suo tempo per ascoltare sta roba indigesta.

martedì 28 settembre 2010

The National, You Were a Kindness

Sempre a proposito di cose musicali che si trovano in rete, da qualche giorno è possibile ascoltare una nuova canzone dei NationalYou Were a Kindness, eseguita dal vivo durante uno show radiofonico e parte dei pezzi scartati dalla lista definitiva di High Violet: è molto nel loro mood, ma anche in questo caso si conferma la sensazione che se un pezzo viene scartato un motivo c'è. Sempre Pitchfork, poi, ha oggi annunciato che a novembre uscirà una versione delux dell'album, con una serie di B-side, pezzi live o una versione alternativa di Terrible Love. Niente di speciale, immagino, come già l'EP post-Boxer, The Virginia EP, ma pur sempre qualcosa che viene da loro. Per cui si ascolta con piacere.

giovedì 19 agosto 2010

La route du rock, Fort St. Père (St. Malo), 15/08/10


Riprendo a scartabellare sul blog rinato mostrando un po' di cose succese negli ultimi tempi. Questa viene da La route du rock, festival tenutosi a Fort St. Père (St. Malo), in Francia, domenica scorsa. C'erano i National, i Flaming Lips e, più o meno dal punto in cui è stata ripresa la scena, pure io. La canzone in questione è Mistaken for Strangers dei National.