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mercoledì 14 dicembre 2011

I dieci album dell'anno (almeno per me)

Ho finalmente trovato il tempo per la lista dei dieci migliori album del 2011. A parte un paio di eccezioni, sono quelli che contengono le tracce postate l'altro giorno. Di molti ho scritto nel corso dall'anno, per cui linko il pezzo dal titolo. Se non l'ho fatto è perché me ne sono dimenticato, o perché, nel caso di Rich Aucoin, l'uscita è recentissima (ma c'è il link a Onda Rock). Come l'altro giorno, l'ordine è per gradimento.

Bon Iver, Bon Iver
My Brightest Diamond, All Things Will Unwind
Radiohead, The King of Limbs (meglio ancora il live in studio From the Basement)
PJ Harvey, Let England Shake
The Pains of Being Pure at Heart, Belong
Panda Bear, Tomboy
St. Vincent, Strange Mercy
Rich Aucoin, We Are All Dying to Live
Kurt Vile, Smoke Ring for My Halo
Washed Out, Within and Without 

venerdì 6 maggio 2011

All and everyone

Dell'ultimo, bellissimo album di PJ Harvey ho parlato qualche mese fa. Nel frattempo il piacere e la complessità dell'ascolto non hanno fatto che aumentare e l'album è diventato, credo, il migliore della prima metà del 2011. Tanto per rimanere in tema, su sponda del solito Pitchfork e di un amico musicofilo segnalo che qualche giorno fa la cantante inglese ha reso visibili i video girati per tutte le canzoni di Let England Shake: un'operazione credo unica nella storia del rock, non così assurda come potrebbe sembrare (in fondo basta avere soldi, voglia, tempo e prestigio), ma abbastanza esaltante. Anche perché alcuni video sono molto belli, un po' fighettoni come tutte le cose girate da fotografi che si mettono in testa di usare la macchina da presa e i programmi di montaggio video, ma adeguati alla forza ineguagliabile delle canzoni o al massimo rispettosi. Qui si possono vedere uno per uno cliccando su ogni canzone dell'album. Buon ascolto e visione.

martedì 1 marzo 2011

Camminare con le proprie gambe

Il prossimo luglio a Ferrara, dopo Sufjan, i National e i Beirut ci sarà anche PJ Harvery, la sera del 6, anche se sarebbe più appropriato dire che dopo di lei arriveranno gli altri, non solo per galenteria ma perché la cara vecchia Polly Jane sforna musica da molti più anni di tutti loro, da almeno quindici, passionale e potente come il suo volto devastato anche quando truccata per le foto di rito, come se non si potesse mai liberare dei demoni che animano la sua musica, che le hanno fatto scrivere album post rock, post punk e post tutto, urlati e disperati, che a un certo punto l'hanno anche portata a perdere la bussola, forse troppo simile alla maestra mai dichiarata, a quella Patti Smith irraggiungibile, e che ora invece sembrano essersi dileguati, magari non del tutto scomparsi me meno presenti, prima grazie all'intimismo ancora incazzoso del precedente A Woman a Man Walked By, realizzato in coppia con John Parish, ora con il bellissimo Let England Shake, che è un album sussurrato e al tempo stesso cantato, narrativo e dolente, che parla di guerre e di massacri di innocenti, di follie dei potenti e normalità della gente comune, come se dietro quelle storie si nascondesse la stessa PJ, ancora con la sua voce acida ma un po' meno corrosa, piena di amore stridulo e di voglia di ballate popolari, notevole perché a suo modo pura, alle radici non tanto della sua musica quanto, s'immagina, della propria vita, della propria terra, l'impero britannico in dissoluzione ai tempi della Grande guerra al centro di un paio di pezzi e dunque regno in bilico, scosso dai suoi stessi peccati, dai pianti dei morti e dei vivi, dai singhiozzi ispirati di un rock personalissimo che finalmente si è liberato dei propri modelli per camminare con le sue gambe. Gran disco, se non lo si era capito.

mercoledì 23 febbraio 2011

Big seasons

Questa mattina è finalmente uscita la notizia che aspettavo da quando si è saputo del tour europeo di Sufjan Stevens: il 24 maggio, al Teatro Comunale di Ferrara, nell'ambito della rassegna Ferrara Sotto Le Stelle (e le stelle evidentemente in teatro saranno sul soffitto), si terrà la sua unica e primissa data italiana. Un evento, insomma. Utile anche per capire quanto Sufjan sia conosciuto in Italia. A occhio, non avendolo mai ascoltato dal vivo e considerata la svolta rumoroso-elettronica, direi che è uno di quegli artisti più bravi in studio che su un palco, e soprattutto che è troppo psicotico, con quello sguardo sempre triste, da fare il trascinatore: ma le esibizioni del suo nuovo tour sono completamene folli e le canzoni di The Age of Adz troppo particolari per essere riprodotte freddamente. Sempre a Ferrara (e sempre grazie alla DNA concerti), quando sotto le stelle si starà per davvero, a luglio ci saranno altre due concerti imperdibili: il 5 i National + i Beirut (questi ultimi anche loro per la prima volta in Italia) e il 6 PJ Harvey, il cui Let England Shake, uscito da pochi giorni (prima o poi ne parlo), è bellissimo. Contando che negli stessi giorni anche gli Arcade Fire saranno in Italia (sempre il 5 luglio a Milano e il 9 a luglio: ma non potevano scegliere altre date?) e che a Torino si dice ci saranno i Pulp al Traffic, si prospettano una primavera e un'estate della madonna. Musicalmente parlando, intendo.