venerdì 10 giugno 2011
Towers, Holocene, Perth, Calgary
Da ieri si può ascoltare in streaming qui il nuovo album dei Bon Iver, che porta lo stesso titolo del gruppo e dopo l'accidentale apparizione su iTunes di quache giorno fa dovrebbe arrivare a fine mese. Bon Iver è una creazione del cantante e musicista Justin Vernon, una one man band di Brooklyn, naturalmente, che tre anni fa ha conquistato l'indie con il folk di For Emma, Forever Ago, romantico e bellissimo disco reso grande soprattutto dall'uso di una voce simile a nessun'altra, stridula e sussurrata, quasi da castrato, eppure capace di improvvisi accessi di rabbia. Una voce che può piacere o meno, ma che rende diversa e imprevedibile la musica in fondo tradizionale dei Bon Iver. Un po' come quella di Anthony, ma meno cadenzata, meno lirica, più secca e spontanea, crea sinistre ballate che sembrano provenire da un mondo sconosciuto, da un altrove che vive solo nella musica. Come lettere d'amore sincere, ma scritte male, troppo in fretta o con troppa foga. Quest'ultimo, omonimo album, anticipato dal singolo Calgary, è una revisione notevolissima dell'alternative rock anni '70, non diversa da quella tentata da Iron & Wine con Kiss Each Other Clean, ma più ispirata, potente e delicata, con il coraggio della melodia, delle tastiere, delle schitarrate in flou, dei fiati che ci danno dentro e la capacitò di mutare l'indie in qualcosa di ancora più derivativo e al tempo stesso autonomo. La musica di Bon Iver, grazie alla sua voce ma non solo, viene da un altrove e in un altrove porta. Forse è per questo che i titoli delle dieci canzoni dell'album sono nomi di luoghi o città. Ascoltate Towers, Holocene, Perth, la stessa Calgary per avviarvi su sentieri noti eppure in qualche modo estranei...
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