Ora che finalmente lo si può ascoltare in streaming, si può parlare dell'ultimo album degli Iron & Wine, Kiss Each Other Clean, da tempo annunciato, poi anticipato da alcuni brani ed esibizioni live e ormai prossimo all'uscita (lunedì 24). Ebbene, dai primi ascolti sembra che questa volta Sam Bean, il barbuto professore di cinema diventato menestrello, abbia saputo rinnovare la sua musica. Senza strovolgerla, sia chiaro, ma ravvivandola con suoni e riferimenti vintage. Un po' paradossale, a pensarci bene, e in realtà per nulla originale, se solo qualche giorno si parlava dei riferimenti ai R.E.M. nell'ultimo lavoro dei Decemberists: ma in Kiss Each Other Clean c'è una dose di ispirazione e ricercatezza che va oltre il semplice mood anni '70. Come aveva tempo fa dichiarato lo stesso Bean, c'è nel disco un'aria da singolo radiofonico di quei tempi, qualcosa di lieve e leggermente (e volutamente) dozzinale, come se ogni canzone provenisse da un autoradio in una scena di un road movie. L'umore è quello, in fondo (I was walking far from home, dice l'attacco), anche se nello spaesamento fisico e mentale del road movie la musica di Sam Bean offre un appiglio speranzoso e non pessimista.
Canzoni come Tree by the River o la finale Your Fake Name Is Good Enough for Me sono disperate, sono la colonna sonora di un'esperienza di sradicamento irreparabile, ma al tempo stesso sono malinconia e dolcezza dispensate a piene mani. E la musica popolare, dopotutto, non è chiamata a fare altro: mettere a disposizione esperienze comuni, riconoscibili, e far sì che la naturale angoscia del quotidiano si stemperi nell'ascolto.
Kiss Each Other Clean ricorda da vicino un grande album dei '70, Late for the Sky di Jackson Browne, che se qualcuno ricorda era presente con la title track nella scena di Taxi Driver in cui Travis Bickle, chiuso in casa e totalmente alienato dal mondo, mirava con la pistola al televisore e poi lo abbatteva con un calcio. Ebbene, esistono ben poche cose che facciano "70" come Late for the Sky, compresa la scena televisiva che Scorsese sceglie per la follia del suo protagonista: un'immagine sciatta, slabbrata, biancastra, in cui alcune coppie abbracciate ballano lentamente. Kiss Each Other Clean ricorda proprio quel mondo melenso e ridicolo, ma lo redime con la sua pulizia e la sua serenità: come se Sam Bean avesse voluto chiudere i conti con un passato da sempre ingombrante. C'è disperazione, sì, e come potrebbe mancare, ma è lì solo per essere sfogata. Poi magari potremmo cominciare a dimenticarci per sempre di quegli anni lontani ormai quattro decenni.
Corro ad ascoltare.
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