Un po' di letteratura italiana, visto che qui sopra non ne ho quasi mai parlato. Per prima ragione perché (colpevolmente) leggo solo autori stranieri e poi perché certe volte parlare di letteratura italiana significa in realtà non parlare di letteratura italiana. O parlare di gente che dovrebbe contribuire alla sua crescita e invece non fa altro che intervenire praticamente ovunque e su qualsiasi argomento (tipo qui, tanto per tornare sulla questione Zalone). Lo spunto comunque me lo danno una galleria fotografica e un articolo dell'Espresso, in cui si fa una carrellata delle giovani scrittrici italiane emergenti seguite al successo di Acciaio di Silvia Avallone. Quando si arriva a parlare di Barbara di Gregorio, autrice dell'opera prima Le giostre sono per gli scemi, le due righine di commento citano il suo editor per Rizzoli, Michele Rossi, il quale la definisce "la nuova Avallone" (siamo alle solite, dunque. Non solo al cinema, ma pure in letteratura dopo un solo lavoro sei un autore: bene!) e giudica il suo romanzo "il meno italiano pubblicato in Italia negli ultimi anni". Appunto, il meno italiano. E poi uno si chiede perché non legge romanzi italiani (fatte le dovute eccezioni, naturalmente) e perché mai eliminare l'italianità dovrebbe essere un pregio.
Forse, mi rispondo, perché, come ha scritto ieri Aldo Grasso sul Corriere, lo spettacolo di cinque scrittori italiani ospiti dell'ignobile Stasera che sera di Barbara d'Urso, sì, propri lui, quello con l'orripilante denigrazione pubblica di Francesco Nuti, era davvero avvilente: per gli spettatori del programma, per fortuna pochi; per chi da tempo ha abbandonato l'intrattenimento televisivo serale, ma le cose oscene se le ritrova on line; e soprattutto per gli autori coinvolti, non solo Giorgio Forattini e Mauro Corona, ché uno dice vabbe', ma pure Antonio Pennacchi, Fulvio Abbate e Chiara Gamberale, la quale ha poi cercato di giustificarsi oggi su Repubblica dicendo che lei in tv c'era andata per parlare di famiglia, mica per promuovere il suo libro, ma poi di fronte allo spettacolo osceno si era vergognata tantissimo.
Molto semplice, Gamberale: bastava stare a casa, ché l'invito non veniva mica da Umberto Eco. Bastava restare a casa e continuare a fare ciò per cui si è pagati e in certi casi portati. Scrivere. Non parlare d'altro. Altrimenti, come dice ancora Grasso, "ve lo meritate tutto il successo di Benedetta Parodi!".
mi sembra scorretto - da parte di grasso - attribuire a quei 5 (?) scrittori (?) una qualche forma di rappresentatività della letteratura italiana contemporanea, perché è questo che fa il suo commento finale, buttato così, per chiudere il pezzullo..
RispondiEliminasull'opportunità di rifiutare certi inviti sono d'accordo.
una segnalazione di tv positiva: oggi a pranzo dai miei, la tv accesa in cucina dal 1977 (prima si surriscaldavano le valvole e ogni tanto la spegnevano), corrado augias dialoga con remo bodei, parlano di ira. una perla. credo che sia una trasmissione (e un giornalista) da salvaguardare, anche per la scelta di piazzarla in quella fascia oraria.
Il programma di Augias è molto bello e pure io, sai, lo vedo sempre quando vado a pranzo dai miei. Succede una volta ogni due mesi, per cui lo vedo poco. Ma ogni tanto mi ricordo di guardarlo anche a casa e, sì, è veramente una cosa da salvaguardare. E continua da anni solo perché sta in quella fascia oraria: altrove non potrebbe stare e se mai ci stesse lo chiuderemmo dopo sei minuti.
RispondiEliminaComunque a me faceva piacere che qualcuno se la prendesse con la Gamberale e con l'autore dei programmi di Piroso...
Ehm... volevo dire "lo chiuderebbero dopo sei minuti..."
RispondiEliminaCi fanno piacere le massacrate di Grasso, ma definirli scrittori...
RispondiEliminaIl tuo lapsus invece mi spaventa, ti senti ancora così tanto italiano da sentirti coinvolto in prima persona (sì, vagamente plurale...) dalle scelte del Paese?
ps
sai che non riesco a capire cosa significa quello che ho appena scritto? ma non lo cancello va, abbasso la censura ;)
"Il romanzo meno italiano" è geniale... sembra uscito dalla bocca di Stanis Larochelle.
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