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mercoledì 4 gennaio 2012

Finalmente!

Durante le vacanze ho avuto modo di vedere Hugo di Scorsese, che aspettavo da parecchio tempo e che mesi fa, dopo aver visto l'orrido trailer, consideravo una probabile bufala. Ebbene, faccio ammenda: perché per quanto mi riguarda (ma gran parte della critica estera la sembrebbe essere d'accordo) Hugo è un film bellissimo. Finalmente! Finalmente Scorsese, pur senza ritornare quello che era e che non sarà più, ha girato un film alla sua maniera, ritmato e cadenzato come un unico respiro, narrato non seguendo un racconto che non è in grado di reggere (Shutter Island, in questo senso, sbandava e impazziva in modo insopportabile), ma facendosi guidare da un'emozione più forte di qualsiasi genere: l'emozione del miracolo che il cinema, mezzo meccanico e tecnologico, realizza ogni volta che parla all'anima di uno spettatore. Non solo Hugo è il miglior film di Scorsese dai tempi di Al di là della vita, con meno errori e meno cadute, nonostante la leggerezza del film per bambini: soprattutto, è il film che Scorsese cerca di fare da Gangs of New York in poi, il film popolare dello storico del cinema che parla con il cuore e non con l'erudizione. E' l'incontro che non credevo possibile tra il documentarista e il regista selvaggio; il suo primo film da molto tempo che trova un passo, una cadenza nel montaggio, fin dalla prima sequenza, qualcosa di mobile, morbido e malinconico, molto francese eppure mai stucchevole, e lo tiene in vita per tutte le due ore e dieci di durata, incrociando la storia dell'orfanello Hugo, orologiaio della Gare St. Lazaire nella Parigi anni '20, e dell'anziano Georges Méliès, stanco della vita e caduto nell'oblio.

martedì 20 dicembre 2011

La città che sale

L'11 dicembre scorso la HBO ha mandato in onda la puntata pilota di Luck, la serie ambientata nel mondo delle corse dei cavalli che segna il ritorno in televisione di Michael Mann, per l'occasione anche regista e non solo produttore. Come già era successo il mese scorso con il pilota di Boss diretto da Van Sant e l'anno scorso con l'episodio di Boardwalk Empire diretto da Scorsese, ho guardato il film e so già fin da ora che non avrò la costanza di coprire l'intera serie, anche se pure questa volta le premesse sono piuttosto buone. Se c'è una cosa che mi fa impazzire di Mann è il movimento che riesce a infondere ai suoi film, come se ogni scena o inquadratura fosse spina da un'energia troppo forte per essere contenuta, sempre in bilico tra la tenuta dello stile classico e la sperimentazione sulla luce, il colore, il corpo, gli oggetti. In Luck le corse dei cavalli sono riprese con un'andatura che mi ha ricordato La città che sale di Boccioni, linee e traiettorie che sfrecciano sullo schermo e quasi diventano fili di luce. In certi momenti mi sembrava di vedere scene di caccia da quadro inglese del Settecento, che all'improvviso si animavano e schizzavano: la macchina da presa a mezz'aria, il fantino chino sulla schiena del cavallo e la forza dell'animale a trascinare via la coda dell'occhio. Fantastico. Soprattutto, uno capisce perché Mann abbia deciso di girare nel mondo delle corse. Di tutto il resto, invece, di tutto ciò che ruota attorno all'ippodromo, al sistema della scommesse, alle strategia di gara, al rapporto tra proprietari dei cavalli, allenatori e fantini, si rischia di capire poco: fortuna che esiste questa guida alla terminologia e alle caratteristiche del mondo delle corse e della serie stessa, che comincerà ufficialmente il 29 gennaio prossimo. Mi sa che stavolta arrivo fino alla fine.

mercoledì 9 novembre 2011

Meeting in the middle of the desert

Oggi sono a venuto a conoscenza di questo sito, Movieclips, che a quanto pare mette a disposizione delle sequenze di film molto famosi, quasi sempre americani, e permette di montarle a piacimento, tagliando pezzi qua e incollando pezzi là, a riprova di un'evoluzione sempre più personalizzata del cinema, tra la visione fai da te offerta dallo streaming, l'editing selvaggio di iMovie e i frammenti di YouTube. In realtà non ci ho capito una mazza di come fare montaggi su misura, e mentre cercavo di inutilmente di imparare mi sono accorto che in fondo non me ne fregava nulla, che avrei sicuramente dato vita a una porcata. Allora ho vagato per vedere se c'erano in archivio delle sequenze memorabili, quelle che preferisco e mi fanno piangere ogni volta che le guardo, e ho trovato questa. La voce di De Niro, l'incontro nel deserto, la faccenda delle buche, la ripresa aerea a volo d'uccello, l'attacco della Theme de Camille di Delerue, lo scontro con il riff di batteria, il riflesso negli occhiali, il ricordo di cosa pensai quando la vidi per la prima volta... Volevo metterla anche qui sul blog, incollando il codice del video, ma poi ho pensato che preferivo immaginarla ed emozionarmi andandola a rivedere, lasciando questo spazio libero per altri ricordi e altre sequenze, per chi le volesse condividerle...

mercoledì 12 ottobre 2011

Hugo - Parte II

Tempo fa ho scritto questo post tutt'altro che entusiasta a proposito di Hugo, l'imminente film in 3D di Scorsese che fin da subito ha dato l'impressione di essere un progetto da far cadere le braccia e dopo essersi palesato con il trailer ha fatto pure passare la voglia di raccoglierle, le suddette braccia. Invece ieri parecchi siti di cinema, e oggi pure Repubblica, erano pieni di elogi alla versione in progress del film presentata a sorpresa al Festival di New York, una manifestazione piccola che non vale una mazza ma che gode del fatto di avere vicini di casa importanti e di essere utilizzata dalle major (lo scorso anno fu così con The Social Network) per testare uscite importanti previste per l'autunno. Insomma, a leggere certi commenti in giro, per quanto scritti da spettatori che hanno espresso via Twitter il loro entusiasmo o da giornalisti non proprio rigorosi, sembra che il trailer da prodotto per famiglie sia fuorviante, che dopo un inizio da cinema per ragazzi il film prenda il volo e che nella seconda parte diventi un bellissimo omaggio al cinema delle origini. Come al solito, Scorsese avrà deciso di mettere in scena la sua passione da cinefilo con una memoria di ferro, magari con effetti migliori rispetto a quelli mummificati di Shutter Island. Poi magari il film è brutto lo stesso, ma è confortante leggere che forse Martin è tornato a stupire. E da figlio tradito pronto a perdonare, se mantengo i dubbi e le paure, comincio pure a sperare in qualcosa di buono: magari va a finire come con A Dangerous Method di Cronenberg.

domenica 17 luglio 2011

Hugo

A conferma che Scorsese si è forse bevuto il cervello, oppure ha deciso di affidare al documentario la sua passione per il cinema d'assalto (vedi ad esempio Public Speaking, ritratto di Fran Leibowitz prodotto dalla HBO), lasciando alla finzione il desiderio di godersi una vecchiaia d'oro, il trailer del suo nuovo film in 3D Hugo, tratto dal romanzo per bambini The Invention of Hugo Cabret di Brian Selznick (Scorsese che gira un film in 3D per bambini? Ma dai...), non fa esattamente sperare in un'opera degna del suo passato di grande sperimentatore del racconto hollywoodiano e della sua continua ridefinizione attraverso il cinema della modernità. La cosa che colpisce è che sembra a un robetta alla Spielberg (Scorsese che gira un film come Spielberg? Ma dai...), o peggio ancora a un qualsiasi blockbuster infantile, tutto blu digitale e oscurità pixelate. Ché se poi certe cose le fa Zemeckis, al massimo c'è chi si esalta e c'è chi dice che palle Zemeckis: ma se le fa Scorsese sono solo mazzate. Poi magari mi sbaglio e il film sarà bellissimo (e allora sarò felice di pentirmi di quello che scrivo). Poi magari il trailer è spielberghiano e tutto il resto visto nel suo insieme no. Poi magari dal prossimo lavoro Martin ritorna quello di una volta. Poi magari capiremo che questo lavorare sulle forme del (non)racconto contemporaneo significa proprio adattare il cinema classico alla modernità. Poi magari sia Hugo che War Horse, il nuovo Spielberg in arrivo anch'esso a fine anno e pure lui in odore di puttanata, saranno bellissimi. Poi magari tutto torna come un tempo. Ma a occhio direi che è un po' difficile.

mercoledì 2 febbraio 2011

A Letter to Elia

Il film dell'altro ieri, dunque. Si tratta di A Letter to Elia di Scorsese, che avevo perso a Venezia (mi chiedo cosa avessi di meglio da guardare...) e ho recuperato grazie al Museo del cinema di Torino. Un film straordinario, di commozione pura, tutto ciò che di grandioso e appassionante il cinema di Scorsese (e per certi versi Scorsese stesso) ha sempre regalato a piene mani e che ora si è smarrito. Personalmente il punto è proprio questo: lì sullo schermo, davanti ai miei occhi, con lo sguardo rivolto alla macchina da presa e con la sua voce ancora da Little Italy a commentare sequenze di film, c'era il Martin Scorsese di un tempo, l'uomo di cinema che al cinema deve la vita, il regista che il cinema lo ha capito con il cuore e con la pancia, quasi mai con la testa, e che non ha mai parlato da intellettuale, ma da uomo della strada che ha trovato il modo di imprimere la sua rabbia sulla pellicola e non, come ha sempre detto, diventando prete o gangster. Scorsese a Kazan deve tutto, ecco perché gli ha dedicato un film. Di Kazan fa vedere scene da Fronte dal porto, La valle dell'Eden, Fiori nel fango America America, i suoi film che più l'hanno segnato, e ne parla come se ancora oggi li vedesse per la prima volta, quasi sussurrando una relazione segreta e regalando a tutti gli spettatori il frutto meraviglioso di quella relazione.