mercoledì 2 febbraio 2011

A Letter to Elia

Il film dell'altro ieri, dunque. Si tratta di A Letter to Elia di Scorsese, che avevo perso a Venezia (mi chiedo cosa avessi di meglio da guardare...) e ho recuperato grazie al Museo del cinema di Torino. Un film straordinario, di commozione pura, tutto ciò che di grandioso e appassionante il cinema di Scorsese (e per certi versi Scorsese stesso) ha sempre regalato a piene mani e che ora si è smarrito. Personalmente il punto è proprio questo: lì sullo schermo, davanti ai miei occhi, con lo sguardo rivolto alla macchina da presa e con la sua voce ancora da Little Italy a commentare sequenze di film, c'era il Martin Scorsese di un tempo, l'uomo di cinema che al cinema deve la vita, il regista che il cinema lo ha capito con il cuore e con la pancia, quasi mai con la testa, e che non ha mai parlato da intellettuale, ma da uomo della strada che ha trovato il modo di imprimere la sua rabbia sulla pellicola e non, come ha sempre detto, diventando prete o gangster. Scorsese a Kazan deve tutto, ecco perché gli ha dedicato un film. Di Kazan fa vedere scene da Fronte dal porto, La valle dell'Eden, Fiori nel fango America America, i suoi film che più l'hanno segnato, e ne parla come se ancora oggi li vedesse per la prima volta, quasi sussurrando una relazione segreta e regalando a tutti gli spettatori il frutto meraviglioso di quella relazione.

Letter to Elia, che dura solo un'ora ma si vorrebbe durasse per sempre, tanto è onesto, intimo, diretto, è la naturale prosecuzione di uno dei capolavori di Scorsese, quel Viaggio nel cinema americano che dovrebbe essere proiettato nelle scuole per far capire cosa è, e cosa può fare, l'amore per l'arte.

Alla fine del film, quando uno Scorsese anziano, vestito di Gucci, lontano anni luce dal ragazzo di Elizabeth Street cresciuto nei cinema di seconda visione della 2nd Avenue, ma a volte ancora capace di tornare l'appassionato cinefilo e il teenager rabbioso di allora, si rivolge a Kazan, è come se parlasse a nome di tutte le persone che nella vita hanno amato un artista e provano nei suoi confronti un debito di riconoscenza.

Questo quello che dice, chiudendo la lettera con tutto l'amore che un uomo può avere verso un padre spirituale: "Quello che c'era tra me e te, Elia, deve restare tra i tuoi film e me. E il solo modo di dirti quanto sei stato importante è continuare a fare film". Fine.

Per me Scorsese potrebbe anche finire qui di fare cinema.

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