Ieri ho rivisto per questioni di lavoro
Wall Street. Essendo di
Stone è una parabola abbastanza scontata, che tra l'altro finisce così, in quattro e quattr'otto, senza dare una spiegazione plausibile sul perché Gordon Gekko dovrebbe finire in prigione e beccarsi vent'anni (visto che poi ne uscirà nel 2007, pronto per la seconda parte del film). Non è nemmeno così yuppie come ricordavo, anche se c'è una scena in cui si decora una casa con scenografie urbane e postmoderne che se fossi in un professore di design farei vedere a inizio corso. Il motivo per cui ne parlo è perché durante uno dei famosi discorsi di
Gekko, uno di quei passaggi in cui il cinema americano tradisce la sua morale un po' distorta, quel pericoloso flirtare con la bastardaggine dei vincenti che difficilmente il lieto fine punitivo riesce a scalfire, si sentono alcune cose che a distanza di 25 anni sono ancora attuali. O forse allora erano in anticipo sui tempi, o ancora siamo noi che nel frattempo non siamo cambiati. Comunque, succede quando Bud Fox va da Gekko deluso e tradito e gli chiede:
Dimmi Gordon, quand'è che finisce? Su quanti yacht può stare una persona? Quando è abbastanza?
Allora Gekko parte in quarta e gli risponde:
Non si tratta di averne abbastanza. È un gioco a somma zero. C'è chi vince e c'è chi perde. I soldi di per sé non si perdono
né si guadagnano, si trasferiscono solo da un'illusione all'altra, come per magia. Questo dipinto l'ho comprato dieci anni fa per 60.000 dollari. Oggi potrei venderlo per 600.000. L'illusione è diventata realtà. E quanto più è reale, tanto più gli altri la vogliono.
È la quintessenza del capitalismo.