
Il titolo di questo post viene da una
canzone di David Byrne e Brian Eno contenuta nell'album del 2008
Everything That Happens Will Happen Today. L'intero album o quasi fa da colonna sonora alla seconda puntata di
Wall Street di Stone, che si distingue dall'originale per l'eloquente sottotitolo
Money Never Sleeps. La vita è lunga, però, è anche un commento per il film: perché di anni dal mito di
Gordon Gekko ne sono passati 23 e sembra proprio un'era fa. L'era di Reagan e di
Easton Ellis, dei
brat pack e delle case fighette coi muri in mattoni al vivo. Sembra un'era fa per noi. Per il cinema invece è ancora il presente, perché l'idea di mitologia dell'immagine viena ancora da lì, nella creazione di figure leggendarie che nel bene e nel male ci identificano.
Quanti personaggi dopo Gordon Gekko (il cui nome significa un mucchio di cose, tra le quali pure la camicia blu coi polsini e il colletto bianchi) hanno saputo diventare così sintomatici di un'era, di un modo di vivere, di un modo, per noi, di vivere il cinema americano? Forse il
Mr. Wolf di
Pulp Fiction, forse quelli che dicevano
chettelodicoaffare in
Donnie Brasco, certamente
Lebowski. Ma dal
Grande Lebowski sono passati dodici anni e se lo guardi oggi non vedi la differenza, pensi che l'abbiano fatto l'anno scorso. Se invece guardi il primo
Wall Street e questo secondo di qualcosa ti accorgi: che il cinema per essere interessante deve creare dei miti a cui affezionarsi, altrimenti un film come questo, anche se fosse bello, non potrebbe mai essere esaustivo sulla crisi finanziaria di due anni fa come un qualsiasi articolo del
Sole 24 ore.
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