Tra due giorni, il 12 ottobre, uscirà Imperial Bedrooms di Bret Easton Ellis: lui sarà in Italia, a Torino, Alba e Milano, e magari se mi riesce di andarlo a sentire ne parlo. Il libro non so come sia, avendone letti solo dei passaggi (ne avevo parlato qui), e devo dire che la prospettiva di un seguito di Meno di zero, specie da uno che da anni dichiara la fine dell'ispirazione, non mi sembra esaltante. Eppure Ellis è uno di quegli autori che hanno innegabilmente segnato il nostro tempo, interpretando la frammentarietà del postmoderno in senso letterale e assumendo su di sé, nella propria scrittura, la serialità a cui il consumismo ci ha condannati. Quello che soprattutto mi incuriosisce dell'uscita del suo nuovo romanzo è il fatto che tra una decina di giorni, il 22 ottobre, arriverà nelle sale il seguito di un altro simbolo degli anni 80 reaganiani e yuppie, capitalisti e dannati: Wall Street di Oliver Stone, che riporta in auge Gordon Gekko e aggiorna ai tempi della crisi lo sciacallaggio finanziario degli Stati Uniti.
Come se non bastasse, poi, a Natale arriverà il sequel di Tron, che magari non ha segnato un'epoca come Ellis o Gekko, ma per quelli della mia generazione, insieme ai libri di Asimov, gli unici che leggessi a otto anni, è stato simbolo di tecnologia e potere immaginifico del cinema.
L'eterno ritorno degli anni '80, insomma, perpetua l'idea di un'America ancora padrona, lanciata a mille all'ora nell'era della festa perenne, drogata, pompata, suicida, oscena, irresistibile, volgare, ricchissima, violenta, privilegiata, modello unico, immortale e possibile, di società. Davvero siamo convinti che per il nostro famigerato immaginario collettivo la storia sia cambiata dopo la caduta del muro e le torri gemelle?
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