Visualizzazione post con etichetta Animal Collective. Mostra tutti i post
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venerdì 18 novembre 2011
Retrolista
Qualche giorno fa è comparsa sul blog che la casa editrice ISBN ha dedicato al libro Retromania di Simon Reynolds l'intervista che la redazione ha fatto al celebre critico musicale inglese, forse il più famoso al mondo nel suo settore. E' molto lunga e molto bella, e la consiglio a chiunque sia interessato al rock suonato oggi e al suo legame con i modelli del passato. Oggi invece lo stesso blog ha rieditato la lista che Reynolds ha fatto qualche anno fa dei migliori 50 dischi degli anni Duemila (segnalazione proveniente da qui): un po' in ritardo, ma sempre interessante. Essendo una lista è naturalmente soggetta a giudizi personali e a legittimi controgiudizi di chi la legge, ma essendo che a redigerla è Reynolds allora conviene darle un'occhiata approfondita, tenendo conto del suo ragionamento sulla retromania della musica contemporanea, e dunque, dice lui, dell'assenza di tutto l'indie rock, che invece per altre riviste è il segno della modernità (e per quel che vale, anchi qui sopra), così come del fatto che nella musica di oggi (vedasi molte scelte di Onda Rock) promuovere quella che è facilmente identificabile come innovazione significa due cose: segnalare derive elettro-strumentali molto vicine alla rottura di coglioni ambient e dall'altro sperimentazioni tanto affascinanti quanto spesso inascoltabili (la scoperta della lista per me è stata Micachu and the Shapes, brava e giovanissima: però che fatica...). La lista non la condivido ma la capisco. O almeno in parte, perché mi vanno bene gli Animal Collective a manetta, ma se poi metti due album di Ariel Pink, che quando lo ascolti sembra di stare ad Harlem nel '79, allora non capisco perché alcuni retromani sì e altri no. Per non parlare poi di Joanna Newsom, che se quella al posto dell'arpa avesse un mandolino, e andasse comunque a suonarlo in riva al mare, la sputerebbero tutti.
venerdì 21 gennaio 2011
Panda Bear e il canone dello skate
Qualche giorno fa è uscito il video di una canzone tratta dal nuovo album di Panda Bear, batterista degli Animal Collective che ha da tempo avviato una carriera da solista di tutto rispetto (questa canzone, da questo album, era stupenda). L'album si chiamerà Tomboy, uscirà ad aprile e il video della nuova canzone sembra la seconda parte di quello girato da Spike Jonze per The Suburbs degli Arcade Fire (più naturalmente qualsiasi altra cosa girata da Van Sant da Elephant in poi, modello unico di ogni giovane regista indie). La canzone è notevole, ipnotica e profonda, il video un po' meno, se non altro perché il canone visivo ed esistenziale dei ragazzetti dei sobborghi in skateboard ha decisamente rotto.
martedì 26 ottobre 2010
I'm Here di Spike Jonze
All'inizio di quest'anno il regista americano Spike Jonze ha realizzato un cortometraggio dal titolo I'm Here. L'ha presentato al Sundance, a Berlino e a un paio d'altri festival e poi l'ha messo in rete a questo indirizzo. Dopo qualche tempo che il film era sul web, i gestori del sito si sono però accorti che aveva troppe richiesta di streaming e per risolvere il problema hanno avuto la pensata geniale: inventarsi dei posti a sedere virtuali. Vale a dire che se oggi qualche utente vuole vedere I'm Here, va ancora sul sito ufficiale del film, ma invece di avere lo streaming immediato prenota il posto e aspetta che parta la proiezione (ce n'è una ogni due ore). Se poi per caso capita in un momento in cui non si proietta niente, quello che vede è l'ingresso di un cinema di città, con le locandine e il titolo del film scritto con le lettere rosse sullo sfondo bianco dei neon. In questi giorni, inoltre, è uscita anche la colonna sonora del film, che è decisamente bella, decisamente indie e, trattandosi di Jonze, pure decisamente fighetta, con guru della musica elettronica come Gui Boratto e Sam Spiegel e con una vecchia, bellissima canzone degli Animal Collective.
mercoledì 22 settembre 2010
Animal Collective in blu(ish)
Oggi è uscito un nuovo video degli Animal Collective: si chiama Bluish, viene dall'album dell'anno scorso Merriweather Post Pavilion, qualcosa di simile a un capolavoro, e lo trovate qui. Come parecchi altri videoclip, è immancabilmente caratterizzato da quella luce bluastra e vellutata che da più di vent'anni, almeno da quel oui c'est moi di Lou Lou, viene spalmata sulle immagini per dare l'idea di figaggine e raffinatezza. Francamente non so bene perché. Perché il blu rilassa, forse, perché il blu è accogliente, perché se una cosa è blu uno la compra, visto che le pubblicità, come questa qui, che da qualche giorno si vede ovunque, sono sempre in blu. Non so. So solo che le convenzioni visive e fotografiche mi fanno incazzare, specie se a cascarci sono anche grandi registi o, peggio, piccoli registi che vogliono fare i grandi registi.
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