Visualizzazione post con etichetta Jonathan Frenzen. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Jonathan Frenzen. Mostra tutti i post

martedì 8 marzo 2011

Time for Freedom

Venerdì uscirà da Einaudi quello che forse è il romanzo più atteso dell'anno, Libertà di Jonathan Franzen, che in America, dove è arrivato già la scorsa estate, ha scatenato un intenso dibattito e segnato un nuovo, importante momento di riflessione sulla letteratura americana contemporanea, dopo che già il precedente romanzo dell'autore, il celebre e sopravvalutatissimo Le correzioni, aveva diviso ogni lettore tra amanti estasiati e amanti delusi. Perché Franzen è condannato forse suo malgrado a una specie di cul-de-sac critico, a una doppia faccia che genera sempre un'ammirazione un po' fiacca: da un lato è l'emblema dello scrittore americano del secondo '900, una figura con abitudini estetiche e narrative da luogo comune (massimalista, votato al melodramma famigliare, borghese, east coast, tradizionale nello stile), dall'altro è una figura solitaria e indipendente, capace come pochi di riflettere l'aria dei tempi, di banalizzare l'esistente (fin dal titolo dei suoi libri, come si percepisce anche questa volta) e trasformarlo poi in rifrazione dell'assoluto, dell'universale. Franzen piace anche quando disturba, ma non disturba mai abbastanza da conquistare. Si lascia dietro una scia di sospetto, di furbizia eccessiva, che però, al tempo stesso, potrebbe essere il semplice desiderio di farsi comprendere da ogni lettore, come un tempo era il cinema classico o la scrittura di certi grandi come Irving o Styron.

lunedì 23 agosto 2010

Pile di libri

Negli Stati Uniti è uscito Freedom, l'ultimo romanzo di Jonathan Frenzen. Come per Sufjan Stevens, anche questo è un nuovo lavoro dopo anni di silenzio artistico. Che poi silenzio non è proprio la parola giusta, visto che Frenzen probabilmente detiene il record mondiale di frasi promozionali sulle copertine dei romanzi degli altri: un lavoro che, stando a quanto scrive Ellis in Lunar Park, viene strapagato. Solo negli ultimi mesi l'ho trovato sui libri di Haslett, Munro e Johnson: peccato per lui che non ami Roth, altrimenti avrebbe almeno una copertina all'anno. In ogni caso, i quotidiani americani ne hanno scritto benissimo (qui Il post fa un sunto dell'entusiasmo critico), facendo dire a tutti che l'autore di Le correzioni è tornato dopo il suo capolavoro del 2001 (che poi capolavoro non è proprio la parola giusta...). Il libro comunque esce a gennaio da Einaudi e lo traduce Silvia Pareschi.