Venerdì uscirà da Einaudi quello che forse è il romanzo più atteso dell'anno, Libertà di Jonathan Franzen, che in America, dove è arrivato già la scorsa estate, ha scatenato un intenso dibattito e segnato un nuovo, importante momento di riflessione sulla letteratura americana contemporanea, dopo che già il precedente romanzo dell'autore, il celebre e sopravvalutatissimo Le correzioni, aveva diviso ogni lettore tra amanti estasiati e amanti delusi. Perché Franzen è condannato forse suo malgrado a una specie di cul-de-sac critico, a una doppia faccia che genera sempre un'ammirazione un po' fiacca: da un lato è l'emblema dello scrittore americano del secondo '900, una figura con abitudini estetiche e narrative da luogo comune (massimalista, votato al melodramma famigliare, borghese, east coast, tradizionale nello stile), dall'altro è una figura solitaria e indipendente, capace come pochi di riflettere l'aria dei tempi, di banalizzare l'esistente (fin dal titolo dei suoi libri, come si percepisce anche questa volta) e trasformarlo poi in rifrazione dell'assoluto, dell'universale. Franzen piace anche quando disturba, ma non disturba mai abbastanza da conquistare. Si lascia dietro una scia di sospetto, di furbizia eccessiva, che però, al tempo stesso, potrebbe essere il semplice desiderio di farsi comprendere da ogni lettore, come un tempo era il cinema classico o la scrittura di certi grandi come Irving o Styron.
Siccome quando Libertà uscì il successo fu così grande da far guadagnare al suo autore la copertina del Time, Repubblica ha già da tempo pubblicato un'intervista; mentre su Minima et moralia nell'ottobre scorso uscì questa bella recensione, che è soprattutto una riflessione sullo stile di Franzen, sul suo andamento piano messo a confronto con la sperimentazione linguistica di altri - e forse più bravi - scrittori contemporanei.
E' il caso letterario perfetto, Jonathan Franzen: un grande autore che scrive romanzi fiume per racchiudere il mondo alla maniera dei suoi maestri (Roth lo è, naturalmente, anche se lui dichiara di odiarlo...) o un furbone che sa scrivere e, soprattutto, sa ogni volta dove mirare prima di fare fuoco?
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