sabato 19 maggio 2012

Realta' e reality

Ieri non sono riuscito a scrivere, non ne ho avuto il tempo. Oggi invece ce la faccio, e inizialmente avrei voluto parlare dei film di Gondry e di quello di Garrone, il primo visto giovedi' e il secondo presentato in concorso ieri. Poi stamattina, dopo la visione del pessimo Lawless di John Hillcoat (Nick Cave forse dovrebbe piantala con sta mania di fare lo sceneggiatore) ho saputo della sconvolgente notizia dell'attentato di Brindisi. E nell'incredulita' della cosa ho pensato solo piu' al film di Garrone, non tanto alle sue qualita' e ai suoi difetti, ma al presupposto di una realta' immaginaria che prende il sopravvento sulla realta' dei fatti, arrivando a essere l'unica lente con cui interpretiamo, meglio osserviamo, il nostro tempo. Siamo sicuri di tutto questo? Siamo certi che la tv si sostituisca alla verita' della morte e dell'assurdo? Siamo certi che quello che e' successo a Brindisi non sia altro che morte e omicidio e per una volta non c'entrino l'immaginazione, l'immaginario, l'indeterminatezza, l'apparenza. Reality di Garrone va bene, per carita': ribalta la realta', e dunque la interpreta, alla maniera di Pirandello. Ma anche solo per una tragica concomitanza di fatti, di fronte a quello che e' successo in Italia contemporaneamente all'ubriacutura da visibilita' e surrealta', sparisce come neve al sole. Che ne e' insomma di un film dopo Brindisi, dopo la riscoperta scioccante di un mondo tangibile e non visibile, di una follia omicida e non grottesca, di una realtà immutabile che supera la finzione del reality, lasciando al pur volenteroso Garrone lo scacco di una voce flebile e inutile.


Forse per questo motivo, per ovviare cioè all’impotenza dell’immagine di fronte alla storia, un altro film dichiaratamente politico visto qui a Cannes, No di Pablo Larraín, sceglie di raccontare il suo paese, il Cile di Pinochet alla fine degli anni ’80, immergendosi nelle immagini di allora e ricostruendo la grana sporca delle vecchie telecamere a VHS.

Al centro del racconto c’è la campagna referendaria che portò alla fine della dittatura militare nel 1988 e soprattutto la rivoluzionaria strategia comunicativa che diede la vittoria al fronte del NO. L’idea vincente, ricostruita con il chiaro intento di ricondurla alla contemporaneità fu infatti quella di considerare la politica come un prodotto, vendendo sogni e speranze alla stregua di bibite o pannolini (ricorda qualcosa?).

In una confluenza perfetta tra attualita' e memoria, il film trova cosi il modo di interpretare la natura di un paese da un lato riportando in vita il passato grazie al lavoro sull’immagine e dall’altro parlando attraverso la voce semplice e diretta della pubblicità di un presente fatto di apparenza. Fino a quando, almeno, tutto non ritorna a essere morte e terrore e lascia al cinema giusto i tappeti rossi.

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