Visualizzazione post con etichetta Sean Penn. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sean Penn. Mostra tutti i post

mercoledì 19 ottobre 2011

Ancora su Sorrentino (poi basta)

Sono tornato a scrivere sul film di Sorrentino, sul perché secondo me non funzioni, ma anche su come lo stile del regista sia in fondo qualcosa di profondamente autentico e sofferto: non mi rimangio quello che ho scritto due giorni fa, ma cerco di argomentarlo diversamente. Il pezzo lo trovate qui, su Doppio Zero, sito che consiglio non solo perché ci collaboro ma perché può interessare chiunque voglia stare al passo con ciò che la cultura contemporanea produce (libri, arte, cinema, giornalismo, attualità...).

sabato 15 ottobre 2011

Provincia dell'impero

Nella città dove sono nato e dove ho vissuto per un mucchio di tempo c'è un festival letterario che da un paio d'anni sta raccogliendo consensi e partecipazioni incredibili, un'iniziativa spontanea di un gruppo di cittadini diventata in poco tempo un punto di riferimento imprescindibile per chiunque nella zona sia interessato alla cultura e alla sua diffusione. Ci ho pensato, a questo festival e alla sua straordinaria capacità di invitare vip e artisti famosi, quando ho visto la campagna pubblicitaria montata attorno a This Must the Place di Sorrentino: una gigantesca opera di beatificazione del regista attraverso la sua opera e soprattutto attraverso le sue emanazioni, i suoi pezzi da giornalista, il suo romanzo di un paio d'anni fa, le sue interviste d'autore. L'ennesimo caso, insomma, di celebrazione dell'artista vip a cui vengono affidate le chiave del potere, riconoscendogli di aver salvato il cinema italiano, di aver superato chi il romanziere lo fa di professione, di aver riportato resoconti appassionanti dei suoi viaggi. Un'esaltazione che secondo me tradisce il disperato bisogno di celebrità e maestri che coviamo in quanto spettatori e utenti della cultura di massa, e che il festival della mia città sfrutta in modo illuminato. Ci aveva già pensato Moretti con Habemus Papam a stigmatizzare la deriva pop che trasforma ogni figura di potere in icona, mentre ora è arrivato Paolo Sorrentino a ribadire il concetto, per quanto in modo molto più compromesso e inconsapevole.

martedì 17 maggio 2011

Frankly Mr. Malick

Le cose che mi sono piaciute in The Tree of Life di Malick: tutta la parte ambientata negli anni '50, con l'infanzia dei tre bambini e la rigida educazione del padre; la macchina da presa che come sempre svolazza e insegue i personaggi, ne coglie lo stato di grazia e la leggerezza della presenza nel mondo; alcuni momenti straordinari, di puro cinema della luce e del movimento, sempre ambientati attorno alla casa della famiglia protagonista o lungo il fiume nei boschi; la narrazione che procede per accumulo di scene, che non racconta ma ammucchia frammenti, vivendo dell'idea di superare metafisicamente la realta' che mette in scena; l'idea generale del film, per quanto non nuova, e cioe' lo scontro tra grazia e natura, con la prima fragile e la seconda inflessibile. In un certo senso mi e' pure piaciuto l'ipnotico viaggio a ritroso alle origini del mondo e poi il nuovo inizio, una specie di delirio kubrickiano, anche se troppo simile a un campionario visivo della National Geographic e dopo un quarto d'ora gia' da orticaria.

lunedì 24 gennaio 2011

Sean Penn vs. Luca Bigazzi

Oggi è uscita la notizia che David Byrne e Will Oldham scriveranno la colonna sonora del prossimo film di Paolo Sorrentino, This Must Be the Place - quello con Sean Penn che fa la rockstar parruccata alla caccia di un ex nazista - che dovrebbe vedersi al prossimo festival di Cannes. Una bella notizia, se non altro perché Sorrentino ci prova davvero a fare le cose in grande senza contemporaneamente svendersi a chi gli dà i soldi (che poi Byrne e Oldham siano paladini del fighettume indie, di cui per altro questo stesso blog si fa promotore, questo è un altro discorso, forse un'altra svendita). Nell'intervista a Byrne, comunque, il musicista dice di essere rimasto colpito dal modo in cui Sorrentino lavora con Luga Bigazzi, il direttore della fotografia del suo film e del 90% di quelli girati in Italia, più il restante 10 che si ispira alle sue luci grigine o, alla bisogna, ai suoi colori pop tipo Warhol di periferia, dalle città tristanzuole di Soldini all'iconografia pop-Vanity Fair di Lascia perdere Johnny. Mi chiedo quindi come un autore come Bigazzi, che ha decisamente dato un imprinting visivo al cinema italiano, potrà adattarsi alla produzione internazionale e soprattutto al volto di Penn, che (non) illuminato da un'ignobile (non) luce grigina, o da una leccata di chiaroscuri, proprio non me lo so immaginare.

domenica 24 ottobre 2010

Save the date!

Finalmente si sa quando uscirà il film più atteso della storia. Non tanto perché sia un evento, anche se un po' lo è, ma perché se ne parla da così tanto tempo che l'attesa ha creato la dimensione del mito e quasi non si sapeva più se si sarebbe visto un film a quanto si dice finito di girare due anni fa e poi lasciato nel limbo della post-produzione e nell'iperuranio delle dicerie (un inizio con gli angeli sulle nuvolette, l'uso dell'Imax, i dinosauri... che cacchio di roba sarà?). Ora invece si sa: The Tree of Life di Terence Malick, il filmone sulle origini delle umanità e sull'America degli anni '50 con Sean Penn e Brad Pitt, uscirà il 27 maggio 2011. L'ha scritto oggi il New York Magazine, chiedendosi anche se sarà un titolo in grado di reggere la concorrenza spietata delle programmazioni estive. Problemi loro, in ogni caso. Qui come al solito lo vedremo con mesi di ritardo, sempre che la probabile première a Cannes non faccia da traino all'uscita europea. Vedremo. Intanto è già qualcosa sapere che lo vedremo.