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venerdì 18 marzo 2011
Sorelle mai
Sorelle mai di Bellocchio, che è uscito oggi nei cinema (mica in tanti, però, e solo nelle grandi città, per cui chi vive in provincia si tenga la voglia di vederlo, se mai l'avesse, e aspetti di scaricarlo o vederlo in divudì), Sorelle mai di Bellocchio, dicevo, è una specie di esercizio temporale applicato al cinema, un film a puntate cresciuto negli anni seguendo il ritmo dei giorni e soprattutto della disponibilità che il regista e i suoi studenti di cinema avevano per realizzarlo, con scene girate al ritmo di una all'anno a partire dal '99 o giù di lì e con le dinamiche affettive di un tipico interno bellocchiesco a tenere in piedi l'esile filo del racconto. Il film è girato a Bobbio, città natale di Bellocchio, e gli eventi che racconta sembrano naturalmente venuti fuori dai Pugni in tasca, con la realtà che scavalca la finzione e mischia figli e parenti ad attori e attrice professioniste, con Pier Giorgio Bellocchio che interpreta un personaggio esagitato e incazzoso come lui, con le solite zie beghine che fanno morir dal ridere e insieme mettono un'inquietudine pelosa da Emilia paranoica e con lo zio impagabile, il grande Gianni Schicchi, che si regala un finale quasi operistico, pessimista e insieme tragico, unico segno veramente cinematografico, magari pure un po' vezzoso, con cui Bellocchio firma questo suo film estemporaneo e forse incomprensibile per chi non ne conosce l'universo creativo. Per chi ne avesse dimistichezza, invece, si tratta dell'ennesima ma sempre salutare passeggiata nel delirio delle sue ossessioni sulla borghesia: chi ha lasciato, ha lasciato tanti anni fa, chi continua a prendere trova ancora le sue soddisfazioni.
venerdì 29 ottobre 2010
Corpo di stato
Oggi esce Post mortem, il film cileno di Pablo Larraín che è tra le cose più belle viste un mese fa a Venezia. Arriva in sala molto presto rispetto alla presentazione festivaliera (una bella notizia, quindi), ma in un periodo in cui, con la Festa di Roma di mezzo, pochi ne parleranno. Nel piccolo di questo spazio, invece, invito caldamente ad andare a vedere un film straordinario per intensità e potenza: cinema politico, ma non ideologico, che lascia interdetti e scioccati. Chi conosce Tony Manero, il precedente film di Larraín, si accorgerà che Post mortem è il secondo tassello di un unico lavoro di riflessione sul golpe cileno del 1973 e di conseguenza sul trauma collettivo e privato della violenza di Stato. E' un'opera piuttosto definitiva, almeno per chi scrive, sulla politica come presenza costante e inconsapevole della vita quotidiana, su una sorta di antropologia negativa che da naturale si è fatta storica, che ha colpe ben precise ma negate, e che trova nella violenza l'unica risposta al cambiamento, al fallimento, all'incomprensione.
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