sabato 29 gennaio 2011
Winesburg, Ohio, Stati Uniti, Terra
Vagando sul sito di Einaudi, ho scoperto che dopo le ristampe di tutti i lavori di Salinger e dopo la riedizione di un grande libro fino a ieri caduto nell'oblio, La freccia del tempo di Martin Amis (su cui ci sarebbe da scrivere per giorni interi), ora la casa editrice torinese ha rimesso in circolo un altro capolavoro imprescindibile, la raccolta di racconti di Sherwood Anderson Winesburg, Ohio. Un libro bellissimo, fatto di tante e piccole storielle tristi che fermano nel tempo la vita molle della provincia americana, che esaltano attraverso una simbologia universale l'anonima realtà di un mondo che non ha niente da dare, se non la propria cruda realtà. Dalle parole che commentano il volumetto scopro che Bukowski considerava Anderson "il più bravo a giocare con le parole come fossero pietre, o pezzi di roba da mangiare", mentre leggendo Una storia di amore e di tenebra di Oz avevo scoperto che erano stati proprio i racconti di Winesburg, Ohio, i "foglietti di carte nelle tasche", come ben sa chi l'ha letto, a far capire al grande scrittore israeliano che era della propria terra e delle proprio piccole cose che doveva scrivere, se voleva riferirsi alle cose grandi e alla Terra, quella con la maiuscola, su cui poggiamo i piedi. Quando poi lo scorso anno ho letto Indignazione di Roth, ambientano non a caso, credo, presso il Winesburg College, dietro il nome del locale in cui lavora Marcus Messner, la New Willard House, avevo riconosciuto uno dei tanti e piccoli protagonisti di Anderson, George Willard. Insomma, si tratta di un libro fondamentale, un antesignano del minimalismo, capace, come Carver in seguito, di raccontare con voce sussurrata e potente l'universalità degli angoli più nascosti di una grande nazione.
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