lunedì 12 aprile 2010

Pietre preziose

I mistici dell'occidente non è un grande album. Non aggiunge nulla alla carriera dei Baustelle e magari le toglie pure qualcosa. Ma come tutti i loro lavori precedenti, alla fine di ogni ascolto qualcosa resta: una melodia, certo, ché è la cosa più ovvia, ma soprattutto frasi, parole, passaggi d'emozione o stupore. Bianconi in fondo è uno scrittore vero, pesa e gestisce la parole come pietre e sceglie poi se lanciarle o tenerle per sé, preziose come ricordi.
La malinconia che pervade certi versi di Le rane ("l'ultima volta ti ho visto cambiato/bevevi un amaro al bancone del bar") è resa eterna dalla concretezza di un episodio che racconta la provincia come una condizione dello spirito e del tempo; l'iperbole dell'amore in Follonica ("Andiamo a farci un bagno/e poi scindiamo latomo se vuoi/sei molto bella amore/sei molto triste amore") parla di quell'ardore adolescenziale che è l'unica salvezza per chi vive nell'inverno di ogni spiaggia.
Non vorrei sopravvalutare la portata della scrittura di Bianconi, ma nei passaggi miglori di I mistici dell'occidente, come in alcune canzoni davvero straordinarie di Amen (Alfredo o Baudelaire), riesce a unire parole e melodia come pochi hanno fatto nella canzone italiana. 
Ora che è famoso ha pure scritto un romanzo - e sicuramente sarà una parentesi inutile, come i riferimenti cinematografici, letterari e religiosi che in questo album più che in passato mi sembrano tirati per i capelli. Perché era molto meglio sostenere che esiste un film di Rohmer con Anouk Aimée piuttosto che citare Una notte d'estate di Cassavetes e far finta di niente, perché qualcuno se ne accorga e dica quanto sono intelligenti i Baustelle.

2 commenti:

  1. Cosa penso dell'album te l'ho già detto, e concordo con te sull'abilità di Bianconi di lavorare sulla concretezza delle situazioni. Se c'è una cosa che mi è sempre piaciuta delle canzoni dei Baustelle è la capacità di Bianconi di fornire un contesto palpabile ai suoi racconti di provincia (una provincia che si estende all'Italia intera in "Alfredo") ad esempio attraverso l'uso dei nomi propri di luogo, di persona, ecc. Anche in questo album è la cosa che gli riesce meglio, vedi "Le rane", "Follonica" ma anche, su un altro versante, "Groupies", forse le tre canzoni più riuscite. Per il resto, mi pare un album un po' stanco e zoppicante, con alcuni buoni momenti che però non riescono ad assumere una dimensione completa (le strofe della title-track rovinate dal pesante ritornello, o il ritornello non male di "Bambolina" viceversa sminuito da un contorno un po' banale che mi ricorda una vecchia canzone degli Ustmamò). Ma insomma, dovrei ascoltarlo più volte per poter dare un parere non troppo superficiale.

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  2. E' vero, quelle tre sono le canzoni migliori dell'album. Non ho messo Groupies, perché ha un testo più ermetico, per quanto molto bello. Sì, la title track sarebbe bella se non avesse quel ritornello veramente baraccone.

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