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giovedì 20 ottobre 2011

Prove di guida alle uscite in sala

Domani escono i tre film di cui parlo più sotto: a loro modo sono tutti interessanti, in un caso si è di fronte a un quasi capolavoro, nell'altro a un'operazione sbagliata ma affascinante e nell'altro ancora a una piacevole sorpresa. Questo post potrebbe essere il numero zero di una rubrica sulle uscite in sala che se solo avessi tempo farei ogni giovedì. Per questa settimana ce l'ho, per cui lo metto, poi si vedrà.

Una separazione (Jodaeiye Nader az Simin) di Asghar Farhadi
Farhadi, già regista del notevole About Elly, ha vinto il Festival di Berlino con questo film ambientato come il precedente nel mondo della borghesia di Teheran. Un dramma che da privato diventa civile quando Simin e Nader, marito e moglie prossimi al divorzio, devono affrontare la denuncia per aggressione della loro donna di servizio. In un turbine di parole e movimenti, più versioni dello stesso fatto si sovrappongono e vanno a sbattere contro le regole di una società autoritaria, mettendone in luce le contraddizioni. Farhadi non ci va leggero con il regime iraniano, ma il suo film, più che accusare, mostra le conseguenze di una condizione esistenziale mai del tutto libera: uomini e donne agiscono, sbagliano, attaccano, si difendono, hanno dubbi e fragili certezze, e ogni loro azione si disperde in un caos rumoroso e senza direzione, immagine perfetta della complessità delle relazioni umane e sociali.

domenica 22 maggio 2011

Libertà e liberazione

Ne hanno parlato in tanti e ora mi aggiungo anch'io, per quanto dire cose non risapute o scontate sia abbastanza difficile. Il fatto è noto: durante la conferenza stampa di Melancholia, Von Trier ha fatto Von Trier e le ha sparate grosse sulla sua empatia per Hitler e su una sua ideale vicinanza al nazismo dopo aver scoperto di avere origini tedesche. Dichiarazioni stupide, alle quale il Festival ha reagito chiedendo pubblicamente le scuse del regista. Quando le ha ottenute, però, ha deciso di andare oltre dichiarando Von Trier “persona non grata” e cacciandolo dalla manifestazione. In pratica un macigno sulla carriera del regista e soprattutto un mezzo passo falso in quella difesa della libertà d’espressione più volte evocata ricordando Panahi e la sua condanna a sei anni per reati d’opinione. Se infatti è lampante l’infamia delle parole di Von Trier, lo è altrettanto la loro stupidità: gonfiarle a tal punto mi sembra un po’ eccessivo. A meno, forse, di non considerare la sensibilità con cui la società francese ancora oggi affronta l’Olocausto (e questo me l'ha confermato un amico francese che era lì a Cannes e che di cognome fa Dreyfuss...) o più ancora, trattandosi di un festival del cinema, la prevenzione morale con cui il cinema e l’arte in generale ne parlano.

mercoledì 18 maggio 2011

La donna e' il futuro dell'uomo

La grazia e la natura. I due poli attorno a cui e' costruito The Tree of Life sono anche alla base di Melancholia di Lars Von Trier, presentato oggi in concorso. Due donne, una biona e una bruna, si prendono ciascuna una parte di film, la prima con il suo disastroso matrimonio, la sua depressione, il suo sguardo perduto e distruttivo, e la seconda con la sua fobia per un pianeta che orbita vicino alla Terra e rischia di impatterle contro. La prima colpita da una pioggia di petali e l'altra da una cascate di grandine: e via con i simbolismi e i rimandi reciproci tra le due idee di donna che Von Trier ha in testa. Quello che succede, poi, non lo dico ma potrei anche farlo, visto che all'inzio del film ci sono cinque minuti di tableau vivant accompagnati dalla musica di Mahler (o almeno credo sia Mahler) in cui viene anticipato tutto cio' che avverra', con i personaggi plastici come figurine e il tono della fotografia a ricreare (con tanto di citazione) i quadri di Bruegel. Il film va poi dritto fino alla fine, con il passo sicuro e con la sua tesi in un certo senso sorella di quella di Antichrist: e cioe' che la donna e' il futuro dell'uomo, finalmente spiegandoci il senso del titolo di un film di Hong Sangsoo presentato proprio qui a Cannes cinque o sei anni fa. Von Trier e' di una coerenza preoccupante, ossessionato dalla persecuzione tra i sessi e divertito dai suoi giochi al massacro, per quanto qui non piu' sessisti ma universali, addirittura cosmici. Poi come per Malick se ne tornera' sicuramente a parlare, ma a differenza di The Tree of Life per ora Malincholia non sta generando catene di pensieri che in un modo o nell'altro ne rivalutano il risultato.