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martedì 16 agosto 2011

Il nulla del niente (o il niente del nulla)

Di cose successe in questi giorni di assenza e di vacanza, ce ne sono parecchie. Siccome di economia non so una mina, parlo di quell'altra cosa che è capitata a Londra qualche giorno fa e che al momento è sparita dai giornali, pronta sicuramente a ritornare tra qualche mese o anno, magari in qualche altre città d'Europa. Dopo Parigi, Londra e chissà quale altra. Non ne parlo per dare la mia interpretazione, ma per riprendere alcuni passaggi di un articolo di Adriano Sofri, pubblicato sulla Repubblica del 10 agosto scorso e chiamato significativamente La violenza del niente. Scrive Sofri a proposito dei saccheggiatori minorenni:
"Si sono accorti di poter razziare e devastare su una scala colossale, e ci si sono avventati (...). “Brucia ragazzo, brucia”: lo slogan è vecchio, modernissima è questa slogatura di tutti i legami sociali, questa impennata delle vendite di manganelli e mazze da baseball dichiarata da Amazon, questa convocazione via Blackberry, questi racconti orgogliosi di reduci: 'Sono tornato con un plasma da 42 pollici e una Playstation 3'. Arraffa, ragazzo, e spacca. Tanto, non è tuo, e non lo sarà mai. Questi davvero non hanno da perdere niente, nemmeno le catene. (...) Un mio amico ha visto salire domenica sul suo bus un ragazzo con indosso una quantità inverosimile di felpe, e non è che facesse fresco; l´indossatore ha spiegato agli spettatori, peraltro abbastanza indifferenti: 'È il solo modo che abbiamo per fare la spesa'. Fare la spesa è l´unico comandamento universale... ".

domenica 31 luglio 2011

Le cinque regole

Sono riferite al giornalismo, ma spulciate di particolari inerenti la professione e un po' generalizzate potrebbero estendersi a qualsiasi ambito di lavoro e di passione, le cinque regole che Giuseppe D'Avanzo insegnò ai suoi giovani colleghi del Corriere della Sera, prima di tornare a Repubblica nel 2000, che oggi uno di quei ragazzi ancora di via Solferino, Marco Imarisio, ricorda celebrando il maestro scomparso (le cito copiandole a mia volta dal Post). "Le regole di Peppe, le ho chiamate per anni", scrive Imarisio, "al mattino fai cinque telefonate a cinque fonti diverse, a persone che ti possono dare notizie, non importa quali, basta che ti spieghino come stanno le cose; studia, non smettere mai di studiare, appassionati ai problemi, falli tuoi; rispondi, devi rispondere sempre quando il giornale ti chiama; ricordati che questo lavoro lo devi vivere con passione, ogni benedetto giorno, e metti passione in quello che scrivi, coinvolgi il lettore, butta sempre il cuore in quel che fai. Altrimenti, disse, non ne vale la pena, non è giornalismo"