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giovedì 7 marzo 2013

Spring Breakers


Oggi è uscito Spring Breakers di Harmony Korine, che era stato presentazione in concorso a Venezia e di cui qui sotto riprendo quasi tutto quello che avevo scritto allora. Domani questo pezzo uscirà su Doppiozero, ma io avevo voglia di metterlo qui già oggi. Mi perdoneranno quelli di Doppiozero.
Spring Breakers è una commedia noir coloratissima e in acido, tirata a lucido e fichetta, su quattro ragazzine del college che passano in Florida le vacanze di primavera, lo spring break del titolo, una pausa nel calendario scolastico americano diventata nei decenni un punto fisso per la cultura adolescenziale americana, un momento di follia collettiva a base di sesso, alcol, stupefacenti e musica hip hop. Per arrivarci, alla vacanza dei sogni in quel orribile paradiso di cemento, piscine, motel e perenne sole a rosso d’uovo che è la Florida, le protagoniste non guardano in faccia nessuno: derubano armi in pugno un fast food e una volta sul posto ci prendono gusto, diventando prima le pupe di un gangsta-rap bianco e poi delle eroine del crimine. Roba da farti alzare dalla sedia per la volgarità e la noia, oppure da far gridare al miracolo per l’ostentazione pop di tutto l’esaltante marciume della cultura del divertimento: ma Spring Breakers è così, chiede di essere amato o odiato, come gli esaltati studenti della vacanza di primavera è pure lui ubriaco e schizzato, con Korine che come al solito finge di essere giovane e selvaggio e in realtà gestisce alla perfezione – in maniera sin troppo consapevole – un’orgia di corpi, colori e musiche. Spring Breakers è un catalogo quasi materiale di forme anatomiche femminili in primissimo piano, di occhioni sgranati, di capelli stirati e tinti, di bikini e tanga fluorescenti, di bicipiti e patacche da videoclip, di oggetti orribili e pacchiani… Nel tramonto infinito della Florida, tutto luccica e riverbera in controluce, la bellezza si fa fotografica e plastica, lo sguardo si incanta allupato per la posa sexy, lo spazio urbano americano seduce implacabile con le sue scritte al neon e i suoi riflessi nel cemento bagnato. Tutto già masticato, digerito e risputato, almeno dalla nascita della MTV Generation in poi: ma questa volta il punto è proprio questo, il nocciolo che fa di Spring Breakers un film a suo modo significativo sta lì.

giovedì 24 febbraio 2011

127 Hours

Domani esce 127 Hours di Danny Boyle, che in Italia si è già visto al Torino Film Festival e di cui si è già parlato parecchio, sia perché il protagonista James Franco è in questo momento uno degli attori più in vista di Hollywood, sia perché la storia vera che il film ricostruice è decisamente potente. Racconta infatti quello che è accaduto in un giorno d'estate del 2003 ad Aron Ralston, ingegnere con la passione dell'escursionismo che mentre cercava di attraversare il Canyonlands National Park, nello Utah, rimase bloccato al fondo di un'insenatura, con una mano schiacciata da un sasso. Dopo aver cercato inutilmente di liberarsi, al quinto giorno Ralston decise di tagliarsi l'avambraccio e di proseguire la sua marcia in cerca di aiuto. Sopravvissuto, è diventato un caso mediatico, pubblicando il suo bravo libro sull'avventura e soprattutto ottenendo i soldi per recuperare la mano (anzi, le otto mani che ora ha disposizione) con l'impianto di un braccio meccanico. E ora che Boyle ha deciso di fare un film dalla sua storia, Ralston è un vero modello di coraggio e abnegazione, anche se nell'interpretazione del bravissimo Franco a ermergere sono soprattutto le sue caratteristiche fisiche ed emotive, prima l'aria da ingegnere nerd o la sua incoscienza da eroe solitario, poi l'incredulità per l'accaduto e infine le emozioni più forti e spaventose, l'attesa e la paura, la sopravvivenza e il delirio onirico.