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mercoledì 28 settembre 2011
Un affare di donne
Il 3 ottobre prossimo uscirà Metals, il quinto album della cantautrice canadese Leslie Feist, abbastanza famosa per essere una del circuito indie e da me conosciuta quando ho ascoltao questa stupenda canzone, in origine scritta e cantata da Vashti Bunyan. Feist ha una voce soul ma in qualche modo soffice, capace di giocare su toni leggeri e scherzosi, con echi nemmeno troppo lontani di musica latino americana, come in questo caso, o di asciugare fino all'essenza l'emozione e la struttura dei suoi pezzi con vaghe reminscenze jazz. Con Metals, però, che ho ascoltato oggi in streaming a questo indirizzo, sembra aver aggiunto qualcosa alla sua musica (o magari tolto: lo si capirà meglio dopo qualche ascolto), raggiungendo una dimensione pop più accattivante e in grado di riempire maggiormente il suono delle sue canzoni. Sembra insomma che Feist non si sia accontata della propria voce e abbia cercato di puntellarla e appesantirla, magari sperando di liberarla dal minimalismo introspettivo dell'indie in favore di qualcosa di maggior respiro. L'album è bello e piacevole, ma sembra soffrire di ciò che di superfluo ha dentro. Tutto il contrario di quello che fa Bjork con Biophilia, che prosegue lungo la strada della scarnificazione per puntare dritto all'essenza della sua musica (o della musica in generale): un'operazione che viene dal precedente e inascoltabile Volta, per cui uno può legittimamente pensare cheduecoglionistaroba: ma dopo qualche ascolto il gioco comincia a funzionare lasciando tracce profonde e un senso di ipnosi che stordisce e cattura.
martedì 28 giugno 2011
Crystalline
A quattro anni dalla pubblicazione del suo ultimo album, Volta, Björk sta finalmente tornando con un nuovo lavoro che si presenta come qualcosa di compiuto e non il solito cazzeggio mediatico in collaborazione con Matthew Barney che ha contraddistinto gli ultimi anni della sua carriera. A riprova del fatto che l'imminente Biophilia dovrebbe essere roba ispirata, al di là della definizione di "album/multi-media project" e di puttanate del tipo che a ogni traccia corrisponderà un'applicazione per iPad, c'è la qualità della prima canzone uscita: si chiama Crystalline e la si può ascoltare qui. E' un pezzo tipicametne björkiano, sincopato e sintetico, cantato con quella voce urticante e asciutta che ha influenzato ogni artista donna da metà anni '90 in poi. Il fatto è che Björk ha suo malgrado inventato un modo di fare musica, di esprimersi, di esibirsi, di conciarsi, di gettarsi nel mondo, che in molti dopo di lei hanno imitato e che alcuni, da un certo punto in poi, hanno pure cominciato a migliorare. Un po' come succede con i grandi registi che inventano forme e linguaggi folgoranti per profondità e immediato fascino estetico (penso a Malick o a Wong, sempre in bilico tra la trascendenza e la confezione fasulla), Björk ha finito per farsi sfuggire di mano la sua stessa musica, trasformata nella sua versione rivista e talvolta meglio realizzatata da altri artisti a lei debitori: il live con i Dirty Projectors dello scorso anno è in fondo lì a dimostrarlo, con la grande artista del (recente) passato costretta a inseguire i suoi allievi e non viceversa. Oggi i Dirty Projectors sono più avanti nella ricerca melodica e compositiva di quanto non sia Björk: per cui speriamo che Biophilia, con quel titolo così björkiano da sembrare una parodia, rimetta le cose a posto o meglio ancora rilanci il discorso sul futuro della musica pop.
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