venerdì 2 settembre 2011

Mito e cultura

Ho appena finito di vedere A Dangerous Method di Cronenberg e di un film così non bisognerebbe scrivere a caldo, ma lasciarlo proseguire calmo nella sua scia, aspettando che cresca e si riveli ancora più grande di quello che è. Per me è un film straordinario, di una misura e una sicurezza impagabili. Parla di opposte visione dell'uomo e di conseguenza del mondo. Parla di Jung, di Freud e della loro relazione sentimentale e professionale con Sabina Spielrein. Mette sul piatto un mare di cose, tra cui la profondità delle ossessioni di Cronenberg sul sesso, la mutazione dell'animo (precedente a quella del corpo) e la tentazione della perdizione. Soprattutto, però (ed è qui per me la straordinaria grandezza del film), riconduce tutti i suoi temi classici allo scontro primo che sta alla base della cultura europea. Quello cioè tra mito e cultura. Tra Jung e Freud. Tra la tentazione (di Jung) della discesa alle radici del comportamento umano, dell'essenza che porta alla liberazione, e la saldezza razionale (meglio, culturale) di Freud, che porta a discernere il comportamento umano e non a mutarlo dal profondo (o almeno credo sia così). La scena chiave è quando Jung e Freud vanno insieme in America: di fronte allo skyline di New York Freud dice "Lo sanno questi che stiamo portando loro la peste?". Da lì, da quel legame virtuoso e maledetto tra psicanalisi, arte ed ebraismo (come dice ancora Freud: "Siamo ebrei, lo saremo per semper") sarebbe nato tutta la cultura americana, il cinema, Hollywood, il romanzo contemporaneo, la devastate ironia lucida di Saul Bellow, che di fronte alla possibilità di un'arte sciamanica come rivelatrice dell'essenza umana, opponeva la matericità e la fallibilità del romanzo occidentale (a cui lo stile controllato e da camera di Cronenberg si ispira), unica forma di conoscenza dei nostri impulsi. Una conoscenza insicura e parziale. Ma l'unica che siamo in grado di sopportare di fronte agli abissi del vuoto. Cronenberg per anni ha sperimentato il vuoto. Ora ha semplicemente paura o crede che il suo sia stato un metodo di fare cinema straordinario, ma troppo pericoloso.

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