mercoledì 10 novembre 2010

The Social Network di David Fincher

Tra due giorni arriverà nelle sale italiane The Social Network, a un mese dall'uscita americana e a una settimana dall'anteprima doppiata del Festival di Roma. Su questo blog ne avevo parlato qui, senza ancora averlo visto, prendendomela con l'uso arbitrario di un paio di aggettivi della lingua inglese e italiana. Ora che il film l'ho visto, e l'ho messo come testata qui sopra, ne parlo ancora, quasi sicuro che sarà ricordato come una delle opere-specchio dei nostri tempi. Un film, cioè, impotente di fronte alla nullità devastante della sua materia, che assorbe in un torrente di parole e in un intreccio inesistente l'inconsistenza materiale della rivoluzione di Facebook. Non è visivamente bello, non è narrativamente avvincente, per qualcuno magari sarà pure una gran palla. Ma proprio per queste ragioni, è un filmdellamadonna. E' un abisso dello sguardo cinematografico di fronte alla profondità inesistente di internet, mondo folle e inarrestabile come il guasto alle linee telefoniche impazzite di La scopa del sistema di Foster Wallace, che alla fine del libro inghiottivano le persone e le loro parole e le trasformavano in nulla, nella frase spezzata dell'ultima battuta incompleta del libro, in una parola assente e per questo totale, tutto e negazione della sua totalità (ed era il 1987 e quel genio anticipava di dieci anni il mondo che avremo tra le mani nei prossimi due secoli).

David Fincher ha saputo esprimere l'incertezza linguistica del cinema di fronte all'immediatezza dei legami personali sul web 2.0, di fronte alla dimensione umana eppure inafferrabile di rapporti che vanno oltre qualsiasi estetica del corpo: internet è il tutto annullato, è l'assenza del corpo, è l'annullamento del corpo, così come Zuckerberg nel film mette in pratica l'annullamento delle sue amicizie, lui che è il pifferaio di Hamelin delle legami sociali e nella vita è un uomo senza amici, una fascista contemporaneo indifferente al male e al proprio potere, come l'eroe senza qualità di Post mortem è un fascista del passato, vero ma non consapevole.

The Social Network è un film sul vuoto di tutto ciò che nella nostra società consideriamo presente più di ogni altra cosa, è un aggiornamento delle fobie che dieci anni fa produssero Matrix, ma che oggi  suonano ancora più sinistre perché favorite da torrenti inarrestabili di denaro e senza più nemmeno la scappatoia rassicurante di un nemico da combattere.

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