martedì 9 novembre 2010

Contro la macchina del fango (e degli applausi)

Ne hanno già scritto in tanti, per cui non mi dilungo: a me l'intervento di ieri sera di Roberto Saviano è piaciuto non solo per le cose che ha detto, per la passione e la rabbia e il pianto con cui le ha dette - ché si capiva benissimo che ce l'aveva, il tremaginocchia, e se la sentiva la gola pesante e tremolante - ma per il ritmo con cui le ha dette e per le pause che non ha mai fatto. Perché dopo il primo applauso seguito alla citazione del nome di Giovanni Falcone, Saviano ha interrotto il suo discorso per pochissimi secondi, anche dopo gli stacchi video e la lettura della Finocchiaro, e ha fatto in modo che di applauso maledetto e libera coscienza ne arrivasse uno solo, dopo dieci minuti di un monologo durato mezz'ora. Perché a me la cosa che sta più sulle palle della tv di oggi non è il Grande fratello o Vespa o X Factor, ma gli applausi continui e invadenti che accompagnano ogni programma, anche i pochi che meritano attenzione, applausi che tutti i conduttori attirano come unica forma di interpuntazione, come mezzo per prendere tempo, per attirare consenso, adulazione, finta ammirazione e naturalmente per creare solo e unicamente rumore. Saviano, invece, ieri sera è stato bravissimo a circondarsi di silenzio, a crearlo e ottenerlo con la foga del suo incedere. Parlava del peso che hanno le parole quando sono usate per fare male e del silenzio che sotto lo strepito dei titoli di giornale avvolgeva Falcone. Non poteva quindi cercare un baccano contrario ma equivalente: poteva solo rimandare agli spettatori quel silenzio e impedire che fosse spezzato da un applauso fasullo. Alla fine gliele hanno battute le mani, e pure a lungo, ma era per ringraziarlo, non per adularlo.

2 commenti:

  1. Io invece non mi spiego tanto l'entusiasmo per la canzone di Benigni (non ho visto il resto dell'intervento, solo lo spezzone su youtube) nella stessa trasmissione. Al di là del legittimo sentimento di partecipazione che il liberatorio sfogo antiberlusconiano può suscitare in questi giorni e della stima che provo per tante cose fatte da Benigni, ho trovato abbastanza triste che fosse la copia di un numero di oltre quindici anni fa con appena qualche logico cambiamento nei nomi. Mi ha lasciato davvero freddo e un po' perplesso. Posso capire l'esigenza di sottolineare con un parallelo l'inquietante immobilità e l'incancrenirsi del pantano in cui galleggiamo da tutto questo tempo (e in questo senso, posso trovare riuscito il numero di Benigni) , ma al di là di questo mi domando se facesse davvero così ridere o se le risate e gli elogi di tutti quelli che hanno condiviso il link su fb non siano ormai risate per partito preso. Anzi, peggio, risate pavloviane. Credo che troppo spesso ci accontentiamo di assaggiare il sapore della medesima appartenenza a una parte politica, per diventare paurosamente di bocca buona.
    Vabbe', non so se mi sono spiegato perché ora sto cascando dal sonno.

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  2. tra l'altro quel pezzo di benigni era già bruttarello, e mi è parsa un po' pietosa l'esecuzione, indeciso tra il rap e il recitativo o non so cosa...

    molto meglio l'inno del corpo sciolto!

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