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martedì 23 novembre 2010

La macchina degli applausi - Parte II

A conferma di quello che avevo scritto qui sulla trasmissione di Fazio e Saviano, non perché sia un figo ma perché la tv italiana è ormai attraversata da un morbo insanabile, la performance di Corrado Guzzanti di ieri sera era praticamente impossibile da seguire per via degli applausi al termine di ogni battuta, con il pubblico che dopo un po' non ne poteva più di spellarsi le mani (e allora ai passaggi meno convincenti buttava lì un timido scroscio, salvo poi fare la standing ovation finale) e Guzzanti che ogni volta alzava gli occhi e faceva la pausetta, un po' chiedendo il riscontro, un po' sperando di poter andare avanti. Il risultato è che una serie piuttosto lunga di battute non sempre azzeccate (hai voglia ad azzeccarci sempre, se ne scrivi così tante) è diventata ancora più lunga per via di tutti quegli incalcolabili applausi forzati eppure richiesti. Perché poi io mi chiedo se lì davanti, dove non possiamo vederlo, c'è il tipo che lo lancia, l'applauso, oppure se c'è lo schermo che si illumina come nei film americani o ancora, peggio, se la piaga dell'applauso è ormai così estesa che il pubblico televisivo non ha nemmeno bisogno di essere istruito. Ora, se non altro, ho capito qual è la mia battaglia (e della persona che mi ha segnalato la cosa) per l'anno nuovo.

martedì 9 novembre 2010

Contro la macchina del fango (e degli applausi)

Ne hanno già scritto in tanti, per cui non mi dilungo: a me l'intervento di ieri sera di Roberto Saviano è piaciuto non solo per le cose che ha detto, per la passione e la rabbia e il pianto con cui le ha dette - ché si capiva benissimo che ce l'aveva, il tremaginocchia, e se la sentiva la gola pesante e tremolante - ma per il ritmo con cui le ha dette e per le pause che non ha mai fatto. Perché dopo il primo applauso seguito alla citazione del nome di Giovanni Falcone, Saviano ha interrotto il suo discorso per pochissimi secondi, anche dopo gli stacchi video e la lettura della Finocchiaro, e ha fatto in modo che di applauso maledetto e libera coscienza ne arrivasse uno solo, dopo dieci minuti di un monologo durato mezz'ora. Perché a me la cosa che sta più sulle palle della tv di oggi non è il Grande fratello o Vespa o X Factor, ma gli applausi continui e invadenti che accompagnano ogni programma, anche i pochi che meritano attenzione, applausi che tutti i conduttori attirano come unica forma di interpuntazione, come mezzo per prendere tempo, per attirare consenso, adulazione, finta ammirazione e naturalmente per creare solo e unicamente rumore. Saviano, invece, ieri sera è stato bravissimo a circondarsi di silenzio, a crearlo e ottenerlo con la foga del suo incedere. Parlava del peso che hanno le parole quando sono usate per fare male e del silenzio che sotto lo strepito dei titoli di giornale avvolgeva Falcone. Non poteva quindi cercare un baccano contrario ma equivalente: poteva solo rimandare agli spettatori quel silenzio e impedire che fosse spezzato da un applauso fasullo. Alla fine gliele hanno battute le mani, e pure a lungo, ma era per ringraziarlo, non per adularlo.