mercoledì 20 ottobre 2010

I remember you were the Chelsea Hotel

Oggi Repubblica ha pubblicato un articolo di Angelo Aquero in cui si annuncia la vendita del Chelsea Hotel di New York e in cui, essendo il quotidiano di Zucconi, l'autore si dedica soprattutto alla celebrazione del luogo e a tutto ciò che di mitico ed evocativo rappresenta, tra I remember you well in Chelsea Hotel di Leonard Cohen citato almeno tre volte, Nico e Marc Twain, Syd e Nancy e Thomas Wolfe, e i due Dylan, prima il poeta e poi il cantante che al poeta ha rubato il nome. La cosa mi ha colpito, perché due anni fa sono stato al Chelsea Hotel e lì ho pure scattato delle foto, tipo quella che si vede qui a fianco. Ci sono andato, naturalmente, perché ero cresciuto come tanti con quel nome nelle orecchie, con quel sogno solo americano di rendere glorioso un albergo, e una volta giunto lì, al 222 della 23a West, ho visto delle targhe celebrative, una hall polverosa piena di gente vestita male, un arredo raffazzonato che faceva pensare all'ingresso di un rifugio di montagna e in generale un clima da post-impero che non aveva nulla di particolare, se non il ricordo del ricordo; se non il racconto che di quel posto altri ne avevano fatto.

Allora ho pensato all'espressione di Henry Miller, a ricordati di ricordare, e ho capito che tutti gli eventi e i personaggi, i vivi e i morti che quell'hotel aveva ospitato, e gli anni racchiusi tra la metà dei '50 e l'inizio degli '80, periodo in cui si interrompono i racconti sul Chelsea Hotel, sono per noi, o almeno da quando me ne ricordo io nei miei 32 anni, il semplice e inutile ricordo di un ricordo, episodi capitati in un'altra dimensione che non esiste più, che soprattutto non appartengono più a nessuno, nemmeno a chi l'ha vissuta.

Eppure in un certo senso sono cose di cui abbiamo ancora bisogno, perché, forse, ci ricollegano all'ultimo momento in cui l'arte, la diversità e l'avanguardia (almeno così ci hanno raccontato) l'hanno fatta da padrone, ritrovandosi alla testa di un corteo che forse nessuno aveva intenzione di guidare. Dopo di allora, o magari anche prima, solo che non è la percezione che ne abbiamo, l'arte maledetta è diventata modello, non trasgressione, e se si pensa a chi è venuto dopo, a chi ha imposto una retorica della ribellione, vengono solo in mente Madonna e qualche attore o stilista pipparolo votato alla sobrietà dopo le cliniche californiane per la disintossicazione.

Il Chelsea Hotel è il simbolo deceduto dell'unicità della vita artistica, mentre ora, con la vita della star offertaci in dono per la riproduzione collettiva, tutti speriamo di abbrancare un pezzo di mitologia, magari ritrovandola proprio nei cinque minuti di visita al luogo simbolo della cultura rock e punk.

La realtà è triste, il racconto che ne facciamo può essere esaltante, ma alla lunga perde di forza. Al momento, però, non abbiamo ancora trovato una forma alternativa di mitizzazione del quotidiano e ci accontentiamo di cullarci nei ricordi di altre generazioni.

I remember you were the Chelsea Hotel.

1 commento:

  1. a proposito di stanze e ricordi, vorrei mettere un "mi piace" sul tuo pezzo, ma mi accorgo che il tuo blog non è fbk, che qui occorre essere dettagliati anche nel dire "mi piace". se vuoi fbk, oltre alle mille cose che fa e non fa, impigrisce la mente, delega il pensiero a un click. condivido, mi piace. roba semplice.
    altro è dire "perché" mi piace, "dove" mi è piaciuto, eccetera. ma adesso sono troppo stanco per dirtelo, per cui vado sul tuo facebook e ci aggiungo un "mi piace".

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