martedì 25 maggio 2010

250 anni e non sentirli

La scorsa settimana i Rolling Stones hanno fatto uscire la versione deluxe (rimasterizzata, con 3 cd, dieci canzoni in più, un album di foto e probabilmente pure le famose ceneri del padre di Keith Richards...) di un loro mitico album del 1972, Exile on Main Street, quello registrato nella cantina di una villa della Costa azzurra, con tutti che di giorno dormivano, trombavano e si facevano e la notte ci davano dentro con il soul, il blues, la musica nera e tutto ciò che veniva dall'America e che fino ad allora gli Stones avevano solo sfiorato.

L'album è fantastico, oggi come allora, ma le cose che come al solito colpiscono sono che nel giro di due giorni è finito in testa alle classifiche inglesi, che a Cannes il documentario sulle registrazioni, Stones in Exile, aveva chilometri di coda e che tutti volevano vedere Mick Jagger. Siamo alle solite, insomma: oltre al fatto che in quegli anni gli Stones erano al picco della loro parabola (ma sarebbe durata per poco), il pubblico di massa si dimostra spaventato non tanto dal futuro quanto dal presente, preferisce rifugiarsi nel passato per nascondere la propria pigrizia culturale.

A Cannes, per esempio, i pochi film che hanno messo tutti d'accordo sono stati quelli di Godard, De Oliveira e Wiseman, che se li metti insieme fanno più di 250 anni. Ma a parte il fatto che si tratta di film veramente belli, credo che il vero motivo per cui la gente li ha amati è che dai vecchi artisti, da chi cioè conosciamo e non rischia di spaventarci con l'inatteso, siamo disposti ad accettare quello che altrimenti saremmo portati a rifiutare. La reazione di fronte a Godard è evidente: lo ammiriamo perché sappiamo (e talvolta capiamo) che è un genio, ma sotto sotto non abbiamo idea di cosa voglia dire con i suoi film. Ne cogliamo lo spirito, certo, ma mentre lo vediamo brancoliamo nel buio. E perché il buio di Godard va bene e quello di Apichatpong Weeresethakul no?

4 commenti:

  1. Capisco il discorso, ma secondo me è falsato all'origine. Su Godard e il cinema (e l'atteggiamento di fronte a quest'ultimo dei critici, degli spettatori e dei cineasti stessi) ti posso anche dare ragione, ma sui rolling stones non ci siamo proprio. La gente fa la coda per Mick Jagger o acquista in massa Exile (che è uno dei cinque grandissimi dischi che hanno fatto e non il più bello) per la carica mitica che ancora possiede e possiedono e che nessuno oggi può avere neanche lontanamente. Sul perché il discorso si farebbe veramente lungo, ma la pigrizia per me c'entra ben poco... g

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  2. Il punto è la definitiva scomparsa dell'aura nella moderna società dello spettacolo. L'intuizione di benjamin è perfetta, aveva solo sbagliato con gli anni: Mick Jagger e Godard ce l'avevano eccome (di artisti, trasgressivi, ribelli, intellettuali, rocker, ognuno ci metta quella che preferisce), è oggi che si tratta di un qualcosa di semplicemente non previsto o possibile... g

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  3. Diciamo che il discorso sugli Stones l'ho usato come pretesto per parlare di quello che mi interessa (e conosco) di più: cioè Godard e in generale il cinema dei vecchi autori.
    Perché (fonte Museo), la retrospettiva a Godard è andata benissimo quando c'erano i film degli anni 60 e invece dopo è andata male. Eppure Godard è un autore coerente come pochi e ha una filmografia impeccabile, con un discorso che si è fatto sempre più chiaro in relazione anche all'evolversi della tecnologia cinematografica. Eppure stiamo ancora qui a parlare del Bandito delle 11 e ce ne freghiamo delle Historie(s), che sono strepitose.
    L'aura, quindi, si applica anche allo stesso autore, che negli anni che ormai abbiamo digerito e imparato a conoscere ci piace e ci fa emozionare, mentre quando arriviamo a tempi più recenti ci annoia o ci confonde.
    Hai ragione su tutto, Gu, sugli Stones come sulla mitologia perduta dell'arte. Ma secondo me, nel gusto della cultura di massa, la paura della noia e il coraggio dello stupore valgono più di ogni cosa.

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  4. Sai cosa? Mi sembri Benjamin Button. Più passano gli anni, più diventi elastico e giovane nel tuo approccio alle arti. Quando facevamo il liceo eri più vecchio.

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