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domenica 11 marzo 2012

Kony 2012

Chi passa un po' di tempo sui siti d'informazione e sta dietro alle cose che vanno per la maggiore su Facebook e Twitter, saprà che in questi giorni un video realizzato dall'organizzazione americana Invisible Children, dedicato alla lotta contro il criminale di guerra ugandese Joseph Kony, ha fatto registrare milioni di visitatori su YouTube e Vimeo e ha ottenuto un interesse mediatico spropositato in tutto il mondo. Merito di Oprah Winfrey, non tanto degli attivisti di IC, dopo che il video era stato segnalato alla presentatrice americana dal tweet di una spettatrice. In Italia ne ha scritto con la solita precisione Il post di Luca Sofri, riassumendo critiche e ambiguità suscitate dal video, un documentario di 30 minuti realizzato da Jason Russell, fondatore nel 2003 di Invisible Children insieme con Ben Kessey e Laren Poole. La questione, in poche parole, riguarda l'efficacia del film e la sua qualità, la distanza che corre tra la promozione di una giusta causa (far conoscere al mondo i crimini di Kony e sostenere l'esercito ugandese per arrivare alla sua cattura) e l'utilizzo di mezzi ambigui e risaputi, legati in particolare a un moralismo manicheo che elimina qualsiasi forma di oggettività.