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sabato 22 ottobre 2011

Fare i distinguo

Oggi sul New Yorker è uscito un pezzo di Sasha Frere-Jones, addirittura un'indagine come recita il titolo, in cui il giornalista americano fighetto (ha tanto di blog con griffa cifrata: S/FJ) si impegna in mille modi a spiegare perché non gli piacciono e non gli sono mai piaciuti i Coldplay. Ci mette un sacco di motivazioni, con tanto di dichiarazione d'ammirazione per vecchi pezzi (un tempo gli piaceva Clocks, poi basta), di critiche cinefile ai loro video furbastri e di voti a categorie più o meno serie come Chris Martin cantante, Chris Martin scrittore, Chris Martin essere umano semovente (sì, in effetti, ce l'ha soprattutto con Chris Martin) oppure robe sapide come volevamo essere gli U2 o l'effetto "Mamma su Facebook". Un articolo divertente, non c'è che dire, di quelli che in Italia in pochi potrebbero permettersi di scrivere (e chi se lo può permettere, o ha deciso di porterso permettere, magari vantandosi di usare la prima persona singolare, o lo fa da schifo). Ma a parte il fatto che mi sembra un giochino facile quello di demolire ironicamente i Coldplay di oggi (qualcuno provi a usare gli stessi toni da professorino in minoranza, da quello che fa i distinguo rispetto alla roba digerita e precotta dalla cultura di massa, con i Radiohead o gli Arcade Fire: mica è facile scherzare col fuoco...), invece di tutto sto sbattimento, insomma, con il suo sfoggio di bravura e figaggine su uno dei giornali più importanti del mondo, bastava ascoltare una volta sola Mylo Xyloto, l'ultimo album dei Coldplay uscito questa settimana, accertare da subito che purtroppo fa cagare e piantarla lì.

domenica 5 giugno 2011

Il paese reale

Rapido rapido di domenica pomeriggio, ché tanto nessuno legge, per constatare con un po' di stupore che l'Heineken Jammin Festival di Venezia di quest'anno sarà meno penoso delle passate edizioni. Con quella che sembra un'insperata apertura all'indie rock (ma dai, si sono accorti che i Metallica non hanno più un cazzo da dire e che i Green Day suonano da sempre la stessa nota!), tra giovedì e sabato, ci saranno gli Iterpol, Echo & The Bunnymen, i Verdena e soprattutto gli Elbow, in quella che purtroppo è la loro prima e unica data italiana. A parte per il piacere di vederli dal vivo, sarebbe divertente andare a Venezia per vedere come il pubblico di uno dei festival solitamente più mediocri e sbracati d'Europa consideri uno dei gruppi più raffinati e pop del momento, con da una parte il popolo di Vasco (che naturalmente c'è, stiamo tranquilli), solitamente composto da impiegati di banca, le loro mogli, gli appassionati di motomondiale e le guardie giurate nel giorno libero, e dall'altra cinque anonimi adulti inglesi, vestiti in giacca e cravatta senza la minima idea di trovarsi di fronte a una fetta piuttosto consistente di paese reale. Buona fortuna, ragazzi.