Qui a Venezia la versione di Wuthering Heights firmata dall'inglese Andrea Arnold ha parecchi estimatori. E a ragione, credo. Perché è un film pressoché perfetto, preciso e selvaggio, sporco di fango e di lordura rabbiosa, e per questo oltre qualsiasi lettura sentimentalista del romanzo; forse un po' facile nella scelta di fare di Heathcliff un ragazzo di colore, ma efficace nel scegliere di scarnificare la struttura del testo e renderlo graffiante e sghembo come i due nomi degli amanti della brughiera, Heathcliff per l'appunto e Cathy, intagliati sul muro. Eppure Wuthering Heights è un film sbagliato. Interessante, ma sbagliato. Un film fermo a una pratica estetica che invece di superare un testo vecchio di due secoli e alla base della cultura sentimentale europea, si adagia su di esso, lo rappresenta in termini realistici, mostrando quanto di sporco ci fosse nella calma brulicante della Brontë, ma lo interpreta come materia morta. Quello che la Arnold porta sullo schermo non è niente di più del romanzo, la sua essenza e matericità: niente di male come operazione, per carità. Ma non se svolta sul corpo di un romanzo tra i più conosciuti, amati e digeriti della nostra letteratura.