mercoledì 25 maggio 2011

Un gradino

Uno ha un bel dire vabbe' dai provo a non parlare sempre delle stesse cose, ché tanto lui sta già qui sopra, con quel cappellino da sfigato e il gesto con le dita da lupetto pietosamente tagliato dalla foto, e l'ho già scritto non so quante volte che di artisti così oggi come oggi ce ne sono pochi, o addirittura che della sua generazione lui è il più grande, un gradino sopra chiunque altro, soprattutto ora che ha deciso di ridefinire la sua immagine e ha stravolto il suo folk intimista - che comunque di cose aggrappate ne aveva già parecchie - con un mucchio di roba elettrica e distorta e creativa e folle e svaccata e totale e bellissima, sì bellissima, e ora che sul palco si traveste e si sbraccia come il leader dei Genesis, quello bravo che si vestiva da clessidra mica quell'altro, e fa delle sue performance eventi carichi di voglia di vivere e insieme di malinconia, ché tanto il rock la disperazione non se la lava di dosso (e per fortuna che è così). Hai voglia perciò a far finta di niente, ma quando Sufjan Stevens arriva a Ferrara per la prima e unica data italiana della sua carriera e tu hai la fortuna di andare a vederlo insieme a un migliaio di altri appassionati che l'hanno seguito lungo i sentieri del pianeta di Adz, allora proprio non ce la fai a parlare d'altro e anche se è la milionesia volta che lo ribadisci torni a scrivere che oggi, davvero, credetemi, di artisti così ce ne sono pochi, che della sua generazione lui è il più grande, un gradino sopra chiunque altro, soprattutto ora che ha deciso... 

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