domenica 16 gennaio 2011

Che bella giornata

Ho visto pure Che bella giornata, il film di Checco Zalone (del regista non frega un tubo a nessuno e a vedere come gira, da catalogo del Centro sperimentale, si capisce perché). Fa ridere, non è che non faccia ridere, e mette pure simpatia: dopotutto uno che fa il coglione in quel modo non può stare antipatico. C'è poi la questione sociologica, naturalmente, che di fronte a certi numeri emerge da sé e allora giù con l'articolone e le spiegazioni sul perché il film abbia fatto più soldi di Avatar. Meglio a lui che a De Laurentis, non c'è dubbio. E non è nemmeno difficile capire perché, visto che bastano i primi dieci minuti di film per accorgersi che lo schema è lo stesso di Zelig, infallibile e immutabile: scene brevi, dialoghi rapidi, una spalla che predispone la battuta e Checco Zalone candido e inopportuno che arriva e spara la puttanata. Va avanti così per un’ora e mezza, e a volte funziona pure. E' stupido, certo, ma si finisce per accettarlo perché confortante. L’elemento parodistico, la fisicità goffa dell’attore, la recitazione grottesca del cast, non lasciano spazi al dubbio, non confondono tra realtà e suo ribaltamento giullaresco.

Quella di Luca Medici (il vero nome di Checco) è una comicità efficace ma innocua, dove l’identificazione tra personaggio, attore e comico fa di lui, più che un talento scaltro e miracolato, un amico vero e affidabile, un buffone che si rivolge agli spettatori chiamandoli “ragazzi”e tiene banco come se invece che al cinema si fosse tutti alla pizzata dopo il calcetto.

È uno di noi, Checco, è fin troppo facile da ammettere. E da quando fa il pirla in tv, e il più delle volte non fa ridere ma mette simpatia, è diventato il volto, la voce, il wit popolano che l’intero paese vorrebbe avere per sfottere questi tempi di cinica disillusione. Non è un caso che ci si identifichi facilmente: tutti sfigati come lui, perdenti, orgogliosi e incapaci di capirlo come lui.

In una società che a parole recita slogan come “tutto intorno a te” e a fatti ritaglia per il potere e il benessere zone rosse invalicabili, quella che regala è una delle poche esperienze inclusive rimaste: non è difficile, perciò, capire perché faccia soldi a palate.

4 commenti:

  1. sì, d'accordissimo con te.
    epperò questo scivolamento verso il mediocre della comicità pare inarrestabile... anche troisi non era un gran regista, ma era un attore strepitoso, un comico geniale che ti lasciava l'amaro in bocca per ore, dopo certe battute, e insieme il sorriso.
    il problema è che checco è solo un'ombra di quella comicità e, sì, meglio dei vanzina and co., però con che cosa fa ridere? col cliché del perdente ignorante. ma perché? perché l'ignorante dovrebbe far ridere di per sé?
    perché invece non fare un bel film dove gli ignoranti sono sfottuti, denigrati, mortificati per la loro ignoranza? forse lo apprezzeremmo solo io e te, e non farebbe i soldi di avatar, ma sai che soddisfazione!

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  2. ecco, anch'io ho pensato a troisi dopo aver visto cado dalle nubi (pochi giorni fa), alla capacità di riempire i vuoti tra uno sketch e l'altro (in ricomincio da tre), o di lasciarli vuoti.
    zalone al cinema mi lascia un senso di attesa, la speranza che arrivi una costruzione comica meritevole di una risata spontanea, o una soluzione meno prevedibile.

    ps
    che belli gli ignoranti mortificati dallo scola di brutti sporchi e cattivi e quanto diversi dagli ignoranti di oggi, quelli erano soprattutto poveri.

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  3. Io sono uscito urlando (dentro di me) dopo mezz'ora ca. Esattamente quando l'insegnante di arabo si complimenta con lui che ronfa per il buon accento... pietoso, razzista, maschilista, di una volgarità sconcertante. E basta con il ritornello che questa comicità è specchio dell'Italia. Lo è anche Berlusconi e non per questo lo si può tollerare.
    A dirla tutta, quindi, meglio a De Laurentis che da decenni gioca, tristemente, a carte scoperte, che questo schifo che passa pure per essere di sinistra (come se fosse ancora un valore). Vaffanculo Checco Zalone.

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  4. ... dimenticavo il dato più importante: un calcio nei coglioni mi farebbe più ridere.

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