martedì 2 novembre 2010

Il sentimento del noto

Ieri sera all'Infedele di c'era Umberto Eco a presentare il suo ultimo libro, Il cimitero di Praga, uscito la scorsa settimana e oggetto di un grande battage televisivo. Il libro non l'ho ancora letto, ma so che parla di trame politiche occulte nell'Europa del XIX, una specie di fuiletton ultra-postmoderno in cui Eco mescola dicerie a fatti storici, tra massoneria e sette segrete, garibaldini e gesuiti, il caso Dreyfus e i protocolli dei Savi Anziani di Sion, cattolicesimo e satanismo, rivolte popolari e trame segrete del potere. Il tutto tenuto insieme dal tragitto di un personaggio inventato ma più vero del vero, un falsario che solca decenni di storia europea al soldo dei servizi segreti di decine di Paesi. Sembra interessante, insomma, ma soprattutto sembra attuale (ed Eco lo sa, lo fa apposta, mica è scemo, anzi è fin troppo furbo), oggi che Wikileaks sbatte in faccia la verità del documento filmato ma presupponendo la presunta oggettività dell'immagine, oggi che abbiamo prove documentate sui dossier falsi della CIA o che le troiette vengono fatte passare per nipoti di leader stranieri.

Oggi è il falso a dominare, questo lo sapevamo, ed Eco a quanto pare ci ha costruito sopra un teorema frammentario e popolare perfettamente nel suo stile. Ieri sera, però, ha aggiunto un aspetto che mi sta particolarmente a cuore e che secondo me dice tanto, tantissimo, per non dire tutto, del rapporto che la società di massa instaura con il sentimento del nuovo. E cioè che "un fabbricante di falsi per i servizi segreti (...) ha successo solo se racconta cose che si sapevano già. Se no i servizi non ci credono. La gente ha voglia di sentirsi dire cose che sa già".

Questa regola gestisce l'informazione e la costruzione del gusto degli utenti medi di qualsiasi media o espressione artistica: applicata alla musica porta al servizio sulla grande star del passato che ogni volta ritorna ma che in realtà non se ne è mai andata; applicata al cinema fa sì che consideriamo ancora autori registi invecchiati e involuti (Stone, Kitano, Kiarostami, sempre lì a rifare le solite robe, ma note e per questo accettate); applicata alla letteratura porta a De Carlo che sono vent'anni che inventa titoli con le parole attaccate o ripetute e la novità delle sue storie d'amore è tutta lì.

Come diceva Max Gazzè, per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento... per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento... per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento... per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento... per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento... per esempio, non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento...

1 commento:

  1. stradacc(ordo), o straduck, superpapera dell'essere d'accordo.
    anche se eco mi ha segato le biglie e, per quanto mi abbia premiato al concorso di poesia del liceo, ricordo anche che disse che la poesia era come l'onanismo, e tutti si faceva poesia a 15 anni. io ho continuato a masturbarmi nonché a scrivere poesie. lui ha continuato a masturbarsi su argomenti decisamente noiosi nei romanzi, ma forse a lui cmq sono più congeniali le epoche passate, seppure rivisitate e leggibili al presente.
    detto questo, era tanto per dire qc, non era una polemica con eco che, per carità: ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione ce ne fossero di echi che ripetono in continuazione... (ctrl+c/ctrl+v)

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