mercoledì 8 settembre 2010

Venezia 67 - Presenze e ritorni - Parte I

Temi, figure, personaggi, eventi, sguardi. A volte sembra davvero che un festival sia costruito sulla base di elementi che uniscono i film con fili sottili ma visibili. La centralità del corpo umano, un corpo morto, asessuato, distrutto, oppure vivo, sensuale, eccessivo, è comune a diversi film visti finora. Parlano infatti di corpi Post mortem, Attenberg (sorprendente film d'esordio di una regista greca), Venus noir (ritorno di Kechiche, su cui ancora devo riflettere, forse un film troppo incazzato per essere bello), Somewhere, Promises Written on Water (terza regia di Vincent Gallo, un Cassavetes senza argomenti che mi ha stracciato le palle e al tempo stesso affascinato) e I'm Still Here: a unire questi film diversi fra loro è l'assoluta mancanza di una prospettiva narrativa in assenza di una figura umana centrale. Come se, senza corpo, senza un lavoro della macchina da presa sulla fisicità dei personaggi, non potrebbe nemmeno esserci il film.

Non è un caso che si vedano autopsie in Post mortem, Promises Written in the Water e Venus noir o che attorno a corpi vicino alla morte ruotini Attenberg e ancora i lavori di Larrain e Gallo o che in Black Swan o I'm Stille Here la lotto interiore del protagonista tra elevazione e caduta, libertà e costrizione, tema eroico da tragedia classica, sia declinata in forme visibili soprattutto sulla fisicità: nel corpo della Portman che si trasforma nelle pelle pennuta di un cigno o in quello drammaticamente vero di Joaquin Phoenix, attraverso cui passa il processo di autodistruzione dell'attore contemporaneo.

Insomma: che il corpo dell'attore, o meglio ancora del personaggio, sia la risorsa del cinema della modernità questo lo sappiamo da anni. Ma mai come in questa Mostra, anche nei film che non mi sono piaciuti, ho visto la morte mettersi al lavoro, e paradossalmente ridare vita a un discorso che dopo le fiacche cronache di Cannes pensavo intorpidito.

1 commento:

  1. nel film della coppola, la mancanza di una prospettiva narrativa è data più che altro dalla mancanza di quasi ogni cosa, ma soprattutto - salvo qualche rara scena - di ispirazione...

    un film autoreferenziale, che esce nelle sale solo in quanto firmato da lei, uguale a mille altri, soporifero. un corto dilatato a lungo, un lungo dilatato a niente...

    ovvio, poi ci sono delle cose. ma quello che predomina è questo. specie se penso ai suoi film precedenti, che avevo amato.
    ma so che non saremo d'accordo, e il bello è anche questo...

    :)

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