venerdì 16 luglio 2010

Uomini sulla luna

L'altra sera sono andato a vedere i Midlake e i Beach House a Milano: eravamo quattro gatti, e non lo dico per tirarmela come avrei fatto a vent'anni, ché la musica che ascolto non se la caga nessuno e allora è la migliore. Penso che di gente che ascolti i Midlake e la musica proposta dal novantanovepercento dei siti musicali la ascolti parecchia gente. Solo che questa gente ha poco più o poco meno di trent'anni e magari la sera ha altro da fare - tipo lavorare o accudire dei bambini, fare sesso o svaccarsi sul divano, che con sto caldo non viene voglia di fare altro... Il fatto è che l'altra sera mi sono sentito parte di una generazione, o magari anche solo di un gruppo sociale definito dall'età anagrafica: trentenni cresciuti con il grunge, con gli U2 e con i Rem, e poi approdati come evoluzione naturale all'indie rock e all'elettronica.

Eravamo tutti vestiti uguali, tutti casual eppure a nostro modo curati, tutti attenti a non mettere le scarpe sbagliate che altrimenti fa subito nerd o single che non beccherà mai. Eravamo la generazione dei corsi universitari di cinema, dell'accredito culturale alla Mostra di Venezia nei primi anni 2000, eravamo quelli che ascoltavano Radiodue prima di Mucciante, che i Baustelle li conoscevano prima di Amen, che andavano a vedere la Fura dels baus o si esaltavano per le complessità testuali di Eyes Wide Shut.

Ero solo, l'altra sera a Milano (che sfigato!), ma avrei potuto parlare con chiunque: avrei potuto mettermi a cantare I screamma, you screamma, we are all screamma for icecreamma!, citare l'ultima scena di Fino all'ultimo respiro o mugugnare il tema di Man on the Moon e qualcuno pronto a parlare di Jarmusch, Godard, Andy Kaufman o qualsiasi altro artista indie-chic l'avrei trovato. Non si è mai soli nella società di massa. E meno che mai originali.

Per fortuna il doppio concerto era veramente bello.

5 commenti:

  1. Questa volta non ti seguo proprio. Perché questo desiderio di fare parte di un gruppo (anche quando non c'è cercare di crearlo in astratto delimitandone i confini)? Sarà che mi sento sempre più un cane sciolto, e ho sempre provato un'istintiva diffidenza per le logiche comunitarie e di aggregazione, non sento nessuna necessità di pensarmi parte di una generazione. In fondo è l'unica cosa che ci ha regalato quella precedente: la totale disillusione a livello di fiducia in gruppi o ideologie e quindi godiamocene almeno le cose positive... del resto rimango lontano anche dalla mappa da te circosritta: mai ascoltato né piaciuti gli u2 o sintonizzato su radiodue, i baustelle li ho scoperti con la malavita, ho visto sì la Fura ma come tantissime altre cose, Down by law me l'ha fatto vedere da piccolo il babbo e non l'ho più rivisto, di kaufman non so nulla a parte il bel film di Forman... g

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  2. Forse non mi sono spiegato (e questo è un fallimento di quello che ho scritto). Ma per me non era affatto bello l'altra sera sentirmi parte di un gruppo o di una generazione. Però sentivo che era così nonostante i miei tentativi di stare sempre fuori da tutto. Quello che volevo trasmetter era proprio il mio senso di desolazione e disillusione nello scoprirmi parte di qualcosa che sapevo esistere ma che credevo meno definita. La musica che ascolto io (che ascolti tu) è musica borghese per intellettuali o pseudotali con educazione universitaria: era questo che volevo dire. Se poi gli artisti di riferimento nel tuo caso sono diversi, non pensi che la cosa conti relativamente? Se penso al rapporto tra noi, avrei potuto mettere Scorsese, Mann o la colonna sonora di Pat Garret e Billy the Kid: ma questo non toglierebbe che siamo comnuque etichettabili, come quelli che ascoltano musica emo o vanno ai concerti di Vasco Rossi.
    Forse ora mi sono spiegato meglio, spero.

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  3. Credo anche io che siamo etichettabili, ma «borghesi intellettuali con educazione universitaria» è un campo veramente vasto che comprende milioni di persone: ovvio che ci sono cose che ci legano, ma ce ne sono altrettante che ci dividono (parlo sempre di gusti culturali). Io penso che oggi, nel bene e nel male, sia veramente tutto liquido e indefinito: emo mi pare una trovata di marketing. A un concerto di Vasco Rossi, per esempio, penso ci sia veramente di tutto: dal rockettaro cinquantenne al tamarro sedicenne fino al BIEV trenetenne di cui sopra...

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  4. sono un quaranticinquenne che avrei dato non so cosa per essere libero quella sera e fare parte de i quattro gatti al Magnolia, purtroppo non sono riuscito per motivi 'familiari'...
    lunedì sera invece ero al Carroponte per il concerto degli Afterhours e lì mi sono sentito tagliato fuori dalla massa di sbarbati...l'amico che era con me a un certo punto mi ha detto: "tutta 'sta gente quando noi iniziavamo ad andare a vedere i concerti non era ancora nata"...
    complimenti x il blog
    a presto

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  5. mann(assero),
    penso di capire abbastanza bene il tuo stato. anche io sono cresciuto a pane e nirvana, che poi io ascoltassi jazz o altro non c'entra: era l'idea della famosa minoranza morettiana ecc. e poi, quel sentirsi dentro al "gruppo di chi non vuol appartenere a un gruppo", per cui fa già gruppo tautologico all'ennesima potenza. e poi, perché guglielmo, questo tagliare tutto con l'accetta: gruppo o non gruppo, felice di farci parte o no?
    forse mana l'altra sera avvertiva quella sensazioni di star bene e insieme male in un gruppo, il farne parte e il subito "pentirsi" di farne parte, il volere e il non volere, eccetera. non è forse (anche) questa la tendenza dell'espressione artistica, il cercare voracemente un senso che alla fine non c'è (la risposta c'è, epperò è sbajata, per dirla alla quelo)?
    non so. ma perché poi si fanno 'sti discorsi così complicati in reteeeee?
    vero è che quando ci siamo visti noi tre in varie occasioni abbiamo tirato fuori discussioni interminabili sul cinema ammmericano o quello asiatico, per cui non è poi così strano che sbrodoliamo anche qui...

    ps: mai amati gli U2, comunque (né odiati, peraltro). i baustelle li sentivo dal primo album e ho smesso da poco. a ventanni sentivo spesso chitarre estreme, riff estremi, insieme a musica classica o rock tranquillo. poi ho smesso con i riff estremi e di estrema mi è rimasta la coscienza politica.
    adesso, se una chitarra sfora un po', provo fastidio. si cambia, si invecchia, oppure semplicemente si...



    www.giantropomorfo.splinder.com

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