
Manca, insomma, l'equivalente del New Yorker, che basta consultarlo on line per accorgersi di quanto è interessante e vivo. I nostri scrittori li senti quando vincono un premio o hanno un libro in uscita, ma non li vivi come romanzieri, come uomini a parte che rappresentano ciascuno un pezzo di noi e con le loro parole sanno costruire mondi in grado di sostituirsi alla realtà e al tempo stesso di comprenderla. Sono lontani, soli, impalpabili.
L'altra settimana invece sul New Yorker on line c'era un racconto di Franzen, Agreeable, che era bellissimo e non c'entrava con l'uscita del suo romanzo, ma era un altro modo per un grande scrittore di parlare con i suoi lettori. Per l'estate, poi, la rivista ha annunciato l'uscita di venti racconti di autori sotto i 40 anni, che serviranno a promuoverli presso il grande pubblico: chi in Italia fa una cosa del genere?
Perché le case editrici non sfruttano le loro pagine web per promuovere gratuitamente la narrativa di quelli che giudicano essere i loro nuovi talenti? Qualcuno conosce un modo migliore per far loro pubblicità? Di riviste letterarie ne esistono anche da noi, ma perché nessuna ha, non dico la fama e l'agilità, ma almeno il coraggio del New Yorker?
Magari queste sono tutte domande ingenue, questioni vuote di chi si lamenta delle solite quettro cose. Ma la realtà è comunque che è molto più facile conoscere i giovani scrittori nordamericani rispetto a quelli italiani. Per la qualità del loro lavoro, certo, ma anche per la totale assenza di una politica culturale da parte delle case editrici e dei quotidiani.
in parte lo fa minimum fax, con tutti i limiti del caso, in un blog. non a caso sono american oriented...
RispondiEliminaavevo trovato per caso il link da fb con degli articoli di Vasta, ma poi i link erano sfanculati. però il sito è questo:
http://minimaetmoralia.minimumfax.com/