Il protagonista del libro ha un sogno: riunire le persone che ama in un solo luogo e con loro vivere la vita ideale, vita di comunità, condivisione, libertà e totale fancazzismo. Questo luogo si chiama hotel esistenza e il protagonista dice così:
Desidero parlare della felicità e del benessere, di quei momenti rari e inaspettati in cui la voce dentro la tua testa tace e ti senti tutt’uno con il mondo. Desidero parlare del clima ai primi di giugno, di armonia e benefico riposo, dei pettirossi e dei fringuelli gialli e degli uccelli azzurri che guizzano oltre le foglie verdi degli alberi. Desidero parlare dei vantaggi del sonno, dei piaceri del cibo e dell’alcol, di quello che succede alla tua mente quando esci nella luce solare delle due del pomeriggio e senti il caldo abbraccio dell’aria attorno al corpo. Desidero parlare di Tom e Lucy, di Stanley Chowder e dei quattro giorni che passammo al Chowder Inn, dei pensieri pensati e dei sogni sognati in cima a quell’altura del Vermont meridionale. Desidero ricordare i crepuscoli cerulei, le languide albe rosa, gli orsi che di notte uggiolavano nel bosco. Desidero ricordare tutto. Se tutto è chiedere troppo, almeno una parte. No, di più. Quasi tutto, con qualche spazio vuoto riservato ai pezzi mancanti.
Ecco, in questo periodo in cui la vita comunitaria sembra tornare come obiettivo di tante persone (almeno di quelle che vedo io) e in cui la sinistra deve trovare un'alternativa, non solo alla destra, ma al proprio stesso mondo, l'idea dell'hotel esistenza mi sembra una buona soluzione. Non da mettere in pratica, ma da vivere come modello, mai realizzabile eppure raggiungibile.
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