venerdì 30 aprile 2010

L'erba gramigna

Oggi esce al cinema Gli amori folli di Alain Resnais, noto come il più intellettuale dei registi della nouvelle vague (come se gli altri fossero stati dei panettieri...). Il suo nome continua a essere legato alle cose che ha fatto cinquant'anni fa (sempre per la solita e nota pigrizia), tra Hiroshima mon amour e L'anno scorso a Marienbad, ma ancora oggi, a quasi novant'anni, fa film che sono come monumenti bellissimi e inconciliabili con quello che hanno attorno. Non sai come prenderli e li giudichi come oggetti stranianti.

Gli amori folli è una storia d'amore tutta mentale, tra un uomo che vive in una gigantesca ossessione (l'ossessione dell'amore a tutti costi, del dovere di essere innamorati) e una donna che al contrario si è chiusa in un mondo inespugnabile. Resnais è in entrambi i personaggi, un intellettuale che ha sempre parlato di vita, d'amore, di destino, di tutto quello che ci riguarda da vicino, ma l'ha fatto da lontano, da mondi di fredda cerebralità, di finezza di pensiero e rappresentazione (chi ha visto Cuori si ricorderà di quanto era finto e lucido quel mondo).

In un certo senso è un altro esito della superficialità che si trova in Hitchcock: se Hitch, sotto le linee piatte del suo mondo, nascondeva pulsioni universali, Resnais costruisce mondi ugualmente piatti e lucidi, ma invece che scavare, eleva, costruisce castelli che stanno in aria e vivono di vita loro, staccati da noi ma mai vuoti.

Resnais è uno che se n'è sempre fregato, non ha mai fatto film per il pubblico. Però Gli amori folli è un film che parla d'amore con una precisione che non ha eguali. Butta sulla scena battute a caso e personaggi ancora più astrusi, ma traduce quel senso di inesplicabilità che ogni relazione umana si porta dietro. 
"Allora, si è gia innamorato di me?", chiede il protagonista alla donna che ha conosciuto da trenta secondi. Ecco, funziona proprio così: le cose che vogliamo, le vogliamo in trenta secondi.

PS: il titolo originale del film, Les herbes folles, significa l'erba gramigna. Per fortuna, una volta tanto, la traduzione italiana non ha fatto danni e invece di lasciare il francese, di tradurre letteralmente o parlare di ippopotami, ha trovato un'accettabile via di mezzo.

2 commenti:

  1. terrepigremaggio 01, 2010

    Bravò.
    E i titoli di coda? Puro lettering Nouvelle Vague

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  2. E poi mi piace il fatto che uno come lui può citare un filmaccio retrò come I ponti di Toko-Ri e fare finta che sia normale, che quel citazionismo lì vada bene ancora oggi, che tutti sappiano di cosa si sta parlanda. E' proprio come una cattedrale nel deserto.

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