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martedì 12 ottobre 2010

L'etichetta indie e la voglia di maestri

Ieri il solito Pitchfork ha annunciato il passaggio di Iron & Wine, uno dei nomi simbolo dell'indie americano, alla Warner Bros e alla 4AD. In pratica tutto quello che uno potrebbe desiderare, l'unione tra una delle major più potenti e la label indie per eccellenza. Una notizia di per sé trascurabile, ma che la dice lunga su quanto l'espressione indie sia indefinita e sostanzialmente inutile, da tempo passata a indicare non più una situazione produttiva, ma uno mood artistico, un suono anche in questo caso indefinito ma piuttosto riconoscibile. Qualcuno forse dovrebbe cominciare a fare una mappatura dei suoni, delle influenze e delle caratteristiche dell'indie, naturalmente partendo dagli artisti (ormai una valanga) etichettati in quanto tali. Per esempio, se mai dovessi fare una cosa del genere, potrei subito dire che nel mondo indie, un po' come succede in quello dei festival cinematografici, si è artisti e autori già dopo un solo album. E magari dopo tre o quattro, se non hai saputo confermarti, se non hai avuto fortuna o hai provato a cambiare, sei già fottuto.