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mercoledì 26 gennaio 2011

L'ordine delle portate

E dopo Checco Zalone, Cetto Laqualunque. Botteghini sbancati, protagonismo televisivo, arrovellamenti culturali, riflessione curziomaltesesca sull'inevitabile neorealismo delle cazzate nell'attuale società italiana e l'ammissione, da parte dello stesso Albanese, di una vittoria della realtà sulla surrealtà. Il film uscito in questi giorni, sulle cui poche qualità non si sono dilungati in molti (al massimo c'è chi ha scritto le recensione aggiungendo un "-mente" alla fine di ogni parola), non è arrivato nel momento sbagliato, come si è detto con un po' di sconforto dopo gli scandali di Villa Arzilla. E' il personaggio, per quanto geniale (forse il migliore di Albanese), a essere troppo vero, troppo vicino alla realtà per realizzare quel ribaltamento giullaresco di cui ha bisogno il comico. Cetto Laqualunque non è uno di noi, come Zalone, ma è tra di noi, nella società che ci gestisce, è una versione rielaborata ed eccessiva di quel disimpegno civile evidente nei politici da salotto televisivo. Albanese, da attore puro qual è, ha colto un'onda amorale ed estetica e le ha dato un volto, una parrucca da puttaniere, un accento da bandito e una volgarità gratuita che sembra la somma delle impressioni che si potrebbero avere mettendo insieme vari impresentabili rappresentanti del nostro paese (metteteci voi chi preferite).