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lunedì 21 novembre 2011
Miracolo a Le Havre
Venerdì uscirà l'ultimo film di Kaurismaki, Miracolo a Le Havre. Il Torino Film Festival lo presenterà in anteprima giovedì prossimo in una serata di pre-apertura in cui ci sarà lo stesso regista. Il giorno dopo, poi, durante la cerimonia ufficiale al Teatro Regio, Kaurismaki riceverà il Gran Premio Torino. Tutto questo per dare le informazioni di servizio, mentre quelle relative alla qualità del film si potrebbero riassumere in una parola che qui sopra mi capita spesso di usare, salvo poi ricredermi per il mio entusiasmo immediato e non aver voglia di fare un post di rettifica quanto meno parziale. La parola, ovviamente, è capolavoro. In questo caso, però, a sei mesi di distanza dalla visione a Cannes, non ho cambiato opinione: Miracolo a Le Havre è un capolavoro di leggerezza e bellezza, un film politico e utopico di grande attualità (non tanto sul tema dell'immigrazione clandestina, quanto su quello della reazione alla comunicazione del potere). Il fatto poi che a Cannes non gli abbiano dato alcun premio, a pensarci bene è proprio il segno della sua unicità: perché è un film fuori da qualsiasi estetica imperante, è uguale a quello che Kaurismaki girava negli anni '90, ma invece di sembrare vecchio o risaputo è libero da ogni scoria temporale, come qualcosa di puro e purificato. E' un film che appartiene solamente alla realtà così vicina eppure così fantasiosa che mette in scena. Non so, poi, se doppiato avrà la stessa forza che ha in originale, se il cinema di Kaurismaki emerga con la stessa limpidezza di pensiero ed emozione: ma per una volta mi sento di dire pazienza, perché in fondo il film ha una fissità espressiva tale da richiedere alla parola di essere solo contenuto, non espressione. Il resto lo fanno le immagini pop tipiche del regista, i loro particolari commoventi per intuitività e gentilezza, gli stacchi di montaggi ovvi eppure illuminanti, la vivida forza di tanti tableau vivant che scorrono precisi lasciando dietro di sé scie di emozioni spiazzanti, non sai se lacrime o sorrisi. Andate a vederlo, insomma.
mercoledì 18 maggio 2011
L'uomo del presente
L'ultimo film di Aki Kaurismaki, il bellissimo Le Havre, Palma d'oro auspicati praticamente da ciascun spettatore uscito dalla proiezione di ieri, fa capire che la grandezza di un regista consiste principalmente nella sua capacita' di rendere credibile il suo mondo. E in questo Kauriskmaki non lo batte proprio nessuno. Il suo mondo e' popolato, come dice la moglie del protagonista del film, da adulti che in realta' sono dei bambinoni, da alieni umani che un loro posto sulla terra hanno saputo ritagliarselo per quanto piccolo e misero. L'alieno di Le Havre e' buono e cocciuto, come in fondo tutti i bambini, orgoglioso e preciso, capace di buone azioni e dalla dignita' infinita. Se in un altro capolavoro di Kaurismaki, L'uomo senza passato, il personaggio non esisteva, era senza memoria e senza percezione del tempo, in Le Havre il personaggio c'e' ed e' presente a se stesso e al suo tempo: mostra continuamente i suoi documenti, dichiara il proprio nome, compie azioni morali con il candore di chi sa di essere nel giusto. Perche' nella vita non c'e' altro da fare. Punto. Il mondo di Kaurismaki e' frontale e preciso, le olive dell'aperitivo sono poche e il bianchino piccolo piccolo, ma il cuore e' grande, l'amore pure e la facilita' con cui si compiono buone azioni immediata. Tutto troppo semplice e banale? No. Perche' Kaurismaki lo rende credibile, giusto, universale. E trova il modo di infilare battute da applausi (e decisamente applaudite) e un'aria per niente malinconica, ma solo tenera e delicata, che ricorda il cinema francese del fronte popolare. Chapeau!
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