"I film in 3D ricordano allo spettatore che si trova in una certa relazione “prospettica” con l'immagine. È quasi una questione brechtiana. Mentre, quando la storia di un film conquista il pubblico presente, la platea finisce per trovarsi 'nel' film, in una sorta di spazio onirico 'senza confini'. Una buona storia, quindi, procurerà all'immagine sempre più dimensionalità di quanto siano capaci di farlo gli effetti tecnici".Ecco sì, insomma, non c'è molto da aggiungere. Leggetevi per intero la lettera e poi diffondete il messaggio: "no, non ne vale la pena".
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lunedì 14 novembre 2011
Il 3D è una puttanata - Parte III
L'avevo scritto sabato che sta storia del "3D è una puttanata" sarebbe potuta diventare una rubrica. Così oggi un amico mi ha servito su un piatto d'argento la puntata numero 3, e soprattutto un supporto autorevole e pure tecnico. L'occasione la offre l'uscita on line del secondo numero di Filmidee (ah già, dimenticavo: è on line il secondo numero di Filmidee!), che tra le tante e belle cose pubblicate presenta pure una lettera del montatore e sound designer Walter Murch al famoso critico americano Roger Ebert, scritta dopo aver letto la recensione di Green Hornet, l'incolore blockbuster di Gondry dedicato all'ennesimo e inutile supereroe fumettaro e postmoderno. Murch, che viene da lontano, che forse non è proprio un giovane avanguardista ma è un grande esperto che ha lavorato per Lucas e Coppola dagli anni '70 fino a oggi, fornisce alcune spiegazioni tecniche a proposito dell'inconsistenza del 3D, parlando del funzionamento pratico sia della macchina-cinema sia dell'occhio umano, oltre ad argomentare la cosa più scontata e vera di tutte, e cioè che il 3D fa venire mal di testa (specie, aggiungo io, a quelli che portano gli occhiali, porcavacca): lui lo spiega in termini fisiologici e percettivi, io mi limito a imprecare. Verso la fine della lettera, poi, scrive la cosa fondamentale, che riguarda la questione dell'immersione in un film:
sabato 12 novembre 2011
Il 3D è una puttanata - Parte II
Se avessi un po' più di costanza e soprattutto avessi voglia di andare a
vedere le peggio porcate americane girate in stereoscopia, potrebbe
quasi diventare una rubrica fissa, questa del 3D che sarebbe una
puttanata: avrei materiale ogni settimana e non mi
mancherebbero le occasioni per incazzarmi (e ogni tanto pure per
ricredermi). L'altro giorno, ad esempio, sono andato a vedere Pina di Wim
Wenders, e per quanto mi sia piaciuto mi ha dato almeno una motivazione
per pensare che, sì, il 3D è una puttanata. Perché se i numeri di danza sul palcoscenico grazie al 3D diventano ancora più belli, creando una sorta di ultra dimensione
in cui scena e spettatore condividono finalmente uno spazio comune, e
se in questo modo il film realizza una continuità tra testo e visione
alternativa a quella anni fa trovata miracolosamente da Vanya sulla 42° strada, creando nello spazio quella fluidità che là si realizzava nella narrazione (con le parole di Cechov che
scivolavano leggere nei dialoghi tra gli attori, dandomi una delle più grandi emozioni di sempre al cinema), e se, ancora, in questo
modo Pina, grazie ancora al 3D, mette in gioco la relazione virtuosa
tra l'atto del guardare dello spettatore e l'atto fisico della danza, in un gioco di specchi e di autoriflessione del cinema stesso, quando invece i balletti sono messi in scena en plain air, a parte un
fastidioso effetto kitsch, quello che viene a mancare è proprio l'idea
di spazio e di una nuova realtà che il 3D dovrebbe creare e che al contrario finisce per annullare.
Che cazzo di effetto può avere il 3D sulla realtà filmata dal vero, e
non messa in scena in uno spazio ideale, se non quello di creare una
visione appiattita, non stereoscopica, dove gli alberi sembrano plastici
dei PlayMobil e le persone sagome di carta ritagliata? Che cazzo di
piacere può provare lo spettatore se non quello di vivere una finzione
straniante che riflette il nulla, e dunque suscita il nulla, un mondo di
cartone che svilisce la profondità che il cinema ha sempre saputo trovare con la bidimensionalità? Mai sentito parlare di profondità di campo?
giovedì 6 maggio 2010
Nove buone ragioni
Roger Ebert, il più famoso critico di cinema americano, ha pubblicato sul suo blog le nove ragioni per detestare il 3D (le ha tradotte qui Il post). Molte sono di puro buon senso ("non ce n'era bisogno", "può essere una distrazione"...), altre collegano l'attuale situazione di Hollywood a quella di sessant'anni fa, quando con il 3D già ci provarono e fallirono miseramente. Allora, però, inventarono anche il Cinemascope e il Technicolor (e simili), che oggi quando li rivediamo viene subito la nostalgia per il cinema che non c'è più. Insomma, come dire: niente di nuovo sotto il sole. E chissà se tra qualche anno ci verrà il magone a rivedere gli effetti speciali alla Matrix, quelli dove tutto sembra molle e sospeso. Dopotutto, il nostro immaginario sul cinema spettacolare di oggi è quello, e per il momento il 3D non l'ha ancora sostituito.
Comunque leggete il post di Ebert, ché tanto io non saprei dire cose diverse (o più intelligenti).
Comunque leggete il post di Ebert, ché tanto io non saprei dire cose diverse (o più intelligenti).
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