giovedì 24 maggio 2012

Io sono io e faccio quel che mi va

Carlos Reygadas e' il piu' grande spreco di talento del cinema contemporaneo. Cazzo se ne frega, direte voi. E c'avreste pure ragione. Ma se ti trovi qui, a vedere sei film al giorno e a un certo punto ne vedi uno che comincia con una scena pazzesca, in cui una bambina vaga sola in un campo pieno di mucche e cani e oltre le colline, nel cielo tumultuoso, si preannuncia con fulmini e tuoni un temporale apocalittico, e la bambina chiama mamma e si abbandona impaurita allo sguardo della macchina da presa, a ricordarci che in ogni caso, con o senza mamma e papa' al fianco, siamo soli in terra e pure che il cinema non fa altro che mettere delle persone in uno spazio e dare vita a quello stesso spazio, e poi nel resto del film vedi solamente un'esibizione altezzosa, vuota, pretestuosa, provocatoria di un regista che si crede giustificato dal proprio ermetismo, certo di non dover spiegare un tubo delle sue scelte tanto sono Reygadas e faccio il cazzo che mi pare e voi al massimo provate a decifrare il mio film come si fa con un rebus, allora, dicevo, alla fine di un film che inizia con il botto e fa sperare in bene, girano le palle. E di brutto. E Post Tenebras Lux, con i suoi diavoli in digitale, le sue scene di orgie nelle saune, i suoi andirivieni temporali a confondere le acque, le domande che genera su chi sia chi e se questo stia ancora qui o da un'altra parte, se il padre e' morto o vivo, se chi (forse) lo ha ucciso semplicemente riviva in differita la sua stessa vita, con la medesima famiglia ma piu' povera e in generale se la cornice demoniaca sia l'ennesimo simbolo di questi tempi malati, tenebra che attende la luce, con tutto questo ammasso di domande senza risposta, di risposte senza domande, con tutta queste linee e frammenti in una cornice tutto sommato comprensibile, diventa una confezione vuota, un cazzo e' sta roba, un film che vive degli stessi dubbi che genera e che alla fine corre il rischio di essere svelato da qualche spettatore per scoprire che sotto non c'e' nulla. Come la storia dei piselli fagioli della Carra': indovinare quanti ce n'erano nella boccia di vetro era impossibile. Salvo per una possibilita'. Chi ci riusciva vinceva dei soldi, ovvio, ma alla fine restano pur sempre dei piselli fagioli in un boccia di vetro.

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