giovedì 22 settembre 2011
(Breve) elogio della rinuncia
A me l'addio dei R.E.M. annunciato ieri sera ricorda un po' quello che succede al cardinale Melville di Moretti, che dice di no alla nomina a Papa e fugge dalla finestra del Vaticano davanti agli occhi adoranti del mondo intero. Ci vedo la stessa consapevolezza dei propri limiti, la stessa umiltà nel definire la propria immagine, la stessa ritrosia all'adulazione. E da fan del gruppo fin dai tempi di Out of Time (come quasi tutti quelli intorno ai trent'anni), da fan che ai R.E.M., e a pochi altri gruppi, deve l'educazione alla musica, alla passione, forse anche all'amore, al di là della malinconia per la fine di una storia ci vedo l'ombra di una bella notizia. In fondo, se l'ispirazione era ormai poca, perché continuare? Per prendersi i bagni di folla, ma solo in cambio di pezzi vecchi di decenni? Per quello ci sono i Rolling Stones, e nemmeno dall'altro ieri, più o meno dalla fine degli anni '80. I R.E.M. erano di un'altra pasta, e ora l'hanno dimostrato. Oltre a essere stati quello che tutti sappiamo (volevo evitare di fare una lista di capolavori, ma è troppo difficile: ecco una delle canzoni a me più care), ora sono un raro caso di rinuncia di fronte all'ovvio, di silenzio di fronte alla pigrizia dell'ascolto di massa. E per questo penso siano proprio dei grandi. E in ogni caso, grazie di tutto.
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