martedì 2 agosto 2011

Pop snob

Sarà che di solito mi piacciono altri tipi di voci femminili, che pure la povera Amy Winehouse finiva per sembrarmi la copia incredibile di altri voci più incredibili ancora, ma mai veramente amate; o sarà che pure io come molti ho il pregiudizio snobbino nei confronti delle dive pop, per cui va bene sbavare per un video zozzo ma un po' meno per un album per intero. O sarà ancora che alla cultura indie piace la ritrosia rispetto al giro grosso, il poter dire con un certo orgoglio ipocrita che producono la 4AD o la Merge e non la Columbia o la Warner. Saranno un sacco di altre cose, tra cui sicuramente l'odio per le riviste da metropoli fighetta, che sdoganano l'indie quando gli Arcade Fire fanno saltare il banco, ma vuoi mettere poter finalmente scrivere che la musica commerciale è un prodotto artistico... Sarà, insomma, ma a me 4 di Beyoncé, esaltato praticamente da tutti - e magari a ragione - da Pitchfork a Rolling Stone a Glastonbury, mi sembra un album uguale a tutti gli altri che ho ascoltato per un terzo e a tutti quelli che non ho nemmeno cominciato ad ascoltare per evitare di mollarli dopo un terzo. Eppure sembra che Beyoncè sia l'artista più coccolata dell'anno, assurta a icona indie e tenuta in bilico tra svaccamento pop e ricerca musicale. Va tutto bene, per carità, magari poi al prossimo giro si cambia pure idea, ma perché nessuno ha fatto notare che nella copertina dell'album, lasciando perdere che resta una figa pazzesca, Beyoncé si è fatta sbiancare la pelle come Michael Jackson?

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