Qualche giorno fa è morto Raul Ruiz, regista d'origine cilena rifugiatosi in Francia dopo il golpe di Pinochet e diventato uno dei massimi autori del cinema europeo. Il suo cinema era molto noto a cinefili e festivalieri, un po' meno a tutti gli altri, tant'è che quotidiani e siti d'informazione non hanno nemmeno dato la notizia della sua scomparsa, mentre su Facebook - naturalmente tra chi ha amici cinefili - si è celebrato il classico necrologio di frammenti di YouTube, icone personali sostituite con la faccia rubiconda di Ruiz e link ad articoli di giornali francesi. Ruiz, che girava un film all'anno e nel frattempo faceva una miriade di altre cose, tra cui insegnare non so cosa all'università di Aberdeen, ha concluso la sua carriera con un film straordinario, Misterios de Lisboa, una saga per la televisione portoghese che racconta gli amori illuministi di una serie di personaggi la cui vita è segnata dal fato, dalla proibizione e dall'agnizione. Un lavoro immenso - dura più di quattro ore - e complesso, tutto giocato sul rapporto tra racconto e rappresentazione, con la parola che dà forma all'immagine e l'immagine che, attraverso un uso pressoché costante del piano sequenza, poco alla volta prende il sopravvento sulla parola e ne ribalta il senso. E' una specie di film interattivo che plasma la narrazione a piacere e conduce lo spettatore in un universo di libertà interpretativa.
In questo senso, rappresenta alla perfezione la mente fervida e senza paletti del suo autore, un signore gentile e ironico che quando ebbi la fortuna di conoscere (a Torino, quattro anni fa, per presentare Nucingen Haus) mi colpì per la strana profondità della sua cultura, capace di andare dalla teoria dei quanti alle credenza popolari della cultura siciliana, alle storielle sui folletti delle case.
A volte la sua creatività strabordava e sbrodolava in mille rivoli, ma in Misterios de Lisboa accade il contrario: il racconto tiene le briglie dell'intelligenza e il cinema, compresso ma non soffocato, si libera per dialogare con la filosofia, la storia, lo spiritualismo e così superare i propri limiti. E' triste sapere che Ruiz se ne sia andato, ma fa un po' meno male sapere che l'ha fatto dopo un film così bello.
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