giovedì 2 giugno 2011
Lupercalia
In questi giorni è uscito Lupercalia, il nuovo album del musicista inglese Patrick Wolf, non troppi anni ma diversi album che ne fanno una delle voci più interessanti del pop contemporaneo. E' uno molto amato dalla critica italiana, Patrick Wolf, perché fa la classica musica che oggi può piacere alla critica, elettronica e orchestrale, pop e magniloquente, con inevitabili echi di Morricone e di tutto il synth pop che si produce in Inghilterra. The Bachelor, il lavoro precedente di Wolf, era in effetti un cosa piuttosto folle, come un giro in una discoteca tamarra frequentata da intellettuali e fighetti. Lupercalia si muove negli stessi territori, eccessivi e divertiti, in un crescendo di riferimenti, voci e suoni che più ce n'è e più si ha l'idea di genialità strabordante. Specie poi se l'argomento è l'amore romantico, lo stile della canzonette pure e il riferimento del titolo alla antiche feste pagane della fertilità. Francamente non so se Patrick Wolf è uno che ci fa o ci è: l'elettronica virata in chiave pop è pacchiana, ma di un pacchiano interessante, come uno specchio che restituisce l'immagine della realtà ma ci aggiunge le lucine colorate e cambia le proporzioni. I suoi deliri pop ed elettronici, però, suonano un po' troppo queer, leggeri e fricchettoni, non hanno la commozione di quelli recenti di Sufjan Stevens, che visti dal vivo rivelano tutta la loro drammatica coerenza. Ascolterò Lupercalia un altro paio di volte e poi decido.
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