Delle tante cose straordinarie dell'ultimo, straordinario film di Moretti, la cosa che più mi ha colpito e divertito (insieme a un paio d'altre, a dire il vero) è ciò che si legge sui giornali quando il povero Papa di Michel Piccoli passa davanti a un'edicola del centro di Roma. Tra le testate di tutto il mondo, si notano soprattutto La Repubblica e il Corriere. La prima titola con il solito misto di giornalismo apocalittico e visionarietà messianica "La grande attesa" (e mi chiedo se c'è modo migliore per rendere lo stile di Mauro e soci), mentre il secondo, ed è qui il genio, ha bello grosso in vista: "E' già il Papa di tutti" (il Papa che si è sottratto al suo dovere, il Papa che dovrebbe pregare per il peso gravoso sulle spalle e invece è scappato confuso e impaurito): nessuno sa nulla, nel mondo reale, ma per il giornale delle borghesia quieta, per il popolo di fedeli e adulatori, il Papa sconosciuto è già uno di loro, un uomo grande e infallibile. Uno di noi, insomma. Meraviglioso, non viene altro da scrivere: come Bellocchio anche Moretti riesce a riassumere l'Italia in un solo colpo. Che non è un semplice titolo di giornale inventato, ma la summa di un pensiero e una tendenza collettive: il desiderio stupido di empatia con il potere, la voglia supina di sentirlo come nostro, non per appropriarcene ma per adorarlo. Habemus Papam, tra le tante cose, è anche un film sull'innamoramento collettivo della celebrità, il desiderio di massa di riconoscersi nel migliore, di inchinarsi al passaggio del re, di vestirlo di vesti sempre più ricche e rifiutarsi di vederlo nudo.
Non lo racconta, però, dal basso, dalla prospettiva di chi adora e non chiede altro che adorare e commuoversi per una gioia che non gli appartiene. Lo racconta dalla parte di chi è adorato e non ritiene di meritarlo, di chi si pone domande sulle proprie capacità e prova a dare una morale al suo potere.
L’avidità di sentimenti e di compassione è così intensa da aver fatto scordare il senso civile di un ruolo pubblico. Nessuno si chiede mai se cardinali, politici o professori siano adatti al ruolo che viene loro conosciuto: non c’è verifica o attenzione, ma solo, per l'appunto, adorazione. E Moretti, che se l'è chiesto qual è oggi il senso del potere (mediatico, politico, ecclesiastico), ha preso tutti in contropiede sottraendo alla nostra curiosità lo sguardo su un mondo mai visto: il suo conclave è una navicella spaziale che vive delle proprie regole e della propria assurdità.
Ci chiediamo in continuazione cosa si celi dietro le stanze del potere: ma se un tempo i cani da guardia della democrazia generavano il caso Watergate, oggi la politica è soprattutto una questione di visibilità. L'immaginazione si illude di partecipare al potere come se fosse cosa di tutti, quando invece la sola qualità che ci accomuna come uomini è la moralità di ogni scelta.
PS: ho scritto queste parole di getto, qualche ora dopo la visione del film, che è complesso e difficile da decifrare. Per cui, insomma, non sono il massimo della lucidtà. Mi sono sforzato, però, di non fare giochi di parole con le parole habemus e papam, che vedo ovunque e già mi fanno montare la bile, e di non citare la canzone Todo cambia, che né mi piace né ritengo fondamentale per capire meglio il film. O forse sì, non so, ma tanto ne parlano già tutti, per cui non si faticherà a trovarne varie esegesi...
Roberto, qui urge un incontro di persona :)
RispondiEliminaNon condivido per nulla la tua recensione: ho trovato questo film superficiale e totalmente inutile. Anche sforzandomi non riesco a riconoscergli alcun pregio. Voglio sintetizzare il mio fastidio: penso che questo film metta in luce due tendenze tra le più pericolose. Il culto della personalità(Moretti che pascola per i corridoi recitando battute inutili, che dirige la partita di pallavolo, che fa lo psicanalista che fa una riflessione su un salmo che chiunque abbia letto la Bibbia ha già fatto cento volte e - guarda caso - ha per moglie quel prezzemolo di Margherita Buy)e, ancora peggio, la tendenza a ridurre il complesso al semplice. Quelle inquadrature che ci fanno vedere i cardinali che fanno la cyclette o che prendono pesanti dosi di tranquillanti mi ricordano le foto "scandalose" che ritraevano la Regina Elisabetta che cenava con la tovagliettta sulle ginocchia e davanti alla tv, come tutti i vecchietti del mondo. E il mondo ride. Come ride guardando i cardinali goffi che disputano il torneo di pallavolo, che si fanno segni dietro la schiena per indicare chi è il "colpevole", che pendono dalle labbra di Moretti che dice loro quali farmaci non mischiare. Ma dai, per favore. Non c'è niente da ridere perchè stiamo annaspando sempre nello stesso pantano.
Giuggiu
Incontro di persona, certo, non vedo l'ora. E il tuo ragionamento - per quanto non ne condivida nemmeno una riga (finalmente siamo in disaccordo su qualcosa!) - ha senso ma pecca di una sola cosa: il personaggio di Moretti non è Moretti, ma il personaggio di Moretti. Se poi lui non distingua tra sé e il suo personaggio, questa è un'altra cosa. Credo sia proprio questo il motivo per cui il Moretti regista-sceneggiatore faccia dire al Moretti personaggio che è stanco di sentirsi dire che "è il migliore". Credo abbia a che fare anche in questo caso con l'adorazione del potere. E poi, scusa, ma secondo me i cardinali non li mette alla berlina in quanto cardinali (dai, non venirmi a dire che ti sei offesa solo perché ride della Chiesa!), ma in quanto personaggi, anche in questo caso, cosa che nei suoi film ha sempre fatto, dagli amici intellettualoidi dei suoi primi film ai giornalisti di Palombella rossa agli scrittori di Caro Diario. Ma questo è un discorso lungo, da fare per l'appunto di persona.
RispondiEliminaMa figurati se mi offendo perché ride della Chiesa... mi offendo perché ho speso 7 euro per un film che ritengo sciapo. Mi convince appena un po' di più il discorso sul potere fatto da Moretti atraverso il personaggio-Moretti ma mi sembra sia inesistente il discorso sulla gerarchia ecclesiastica. Magari avesse fatto un discorso sulla gerarchia ecclesiastica! A me sembra che ciò che manca sia proprio il discorso - complesso, contraddittorio, blasfemo, grottesco, credente, agnostico, sulla fede, sulla sociologia...quello che vuoi ma un discorso!
RispondiEliminaAh, una nota positiva c'è: il mio noto campanilismo ha gioito della presenza di Stuhr!
Visto che Moretti, secondo me, non è riuscito a fare nessun discorso dobbiamo rimediare con un acceso dibattito quando ci vedremo...ci sarà da litigare :)
Giuggiu