sabato 23 ottobre 2010

Il fallimento del Dams

In settimana si è innescata una polemica intellettuale di cui ieri Il post ha dato conto riassumendone i passaggi salienti. Tutto è nato da Goffredo Fofi e da un pezzo sull'Unità in cui se la prendeva con il Dams e il suo fallimento educativo; qualche giorno dopo è arrivata la risposta di uno storico docente di Bologna, Renato Barilli, che difendeva la potenzialità occupazionali della facoltà, e poi quella di un altro docente, il quale invece la buttava sull'ironico e dava a Fofi del dinosauro. Lo scambio è piuttosto interessante per capire come in Italia le cose note e stranote saltino all'attenzione solo quando a ribadirle sono le persone che contano. Perché che il Dams sia un fallimento pedagogico, prima ancora che professionale, è evidente a tutti, specie per chi ha studiato in facoltà affini, tipo Lettere o Scienze della comunicazione. E' una questione di approfondimento e curiosità di ciò che si studia; di passione, pazienza e rispetto: tutte cose che di fronte all'arte si imparano solo se qualcuno te le insegna. Fofi, che come al solito non ci va giù leggero, lo dice in modo chiarissimo:

"... al festival di Venezia il pubblico dominante sono loro, e ridono quando c’è da piangere e viceversa, battono le mani quando c’è da fischiare e viceversa. Schiavi delle ultime mode, hanno gusti “barbarici” che non vanno oltre la superficie del vistoso e del finto-nuovo. Una sottocultura imbarazzante e deprimente, di cui ritengo sia responsabile un ceto pedagogico che ha semplicemente sostituito alle pedanteria dei vecchi professori di estetica una involuta ma “artistica” allegria cresciuta su se stessa,..."  
Di fronte a tutto questo - che è sacrosanto e verissimo - la questione del "fallimento sul piano delle professionalità professionali", che Fofi pone al vertice del suo pezzo, è per me secondaria: non è che con Lettere, Filosofia o Scidecom si trovino più sbocchi.

Il fallimento peggiore è proprio laddove il Dams in buona fede pensava di costruire ed educare, nella diffusione di cultura e di amore per l'arte, nell'affermazione di un approccio critico che prevede soprattutto fatica, dedizione, autocritica, e poi, solo in un secondo momento, espressone di sé, del proprio io e delle proprio inclinazioni artistiche o spirituali. Tutto questo, nella mia esperienza al Dams, quando vi frequentavo forzatamente alcuni corsi, non l'ho trovato.

Per fortuna, anni dopo la fine dell'università ho incontrato persone valide con quel titolo di studio, che se non hanno fatto mutare il mio parere sulla facoltà, hanno comunque confermato l'idea che uno ce la può fare anche da solo, specie se compie uno sforzo di concentrazione e riesce ad andare oltre lo spaccio di idee per cui il passato del cinema sta solo in Fino all'ultimo respiro, il futuro in Tarantino o il presente in qualche retrospettiva veneziana allestita per riabilitare l'ennesimo regista di serie B e regalargli una standing ovation tra ululati di giubilo ed esibizioni di fighettismo culturale.

1 commento:

  1. concordo pienamente con fofi. e il dams è un progetto fallitto anche perchè non ha saputo "riprodursi", e anzi ha partotito in giro per l'italia i peggiori corsi di laurea degli ultimi vent'anni...
    luca

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